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Io però ci tenevo a sapere chi era il colpevole...
Ancor prima di cominciare la lettura di "Storia della bambina perduta" sapevo che avrei amato questo romanzo; ormai era chiaro che per me questa si stava dimostrando una preziosa serie in crescendo, dove ogni volume riesce a superare la qualità e l'intensità del suo predecessore. Eppure c'ho messo un po' prima di recuperarlo effettivamente, e la causa non è (solo) il mio recente calo di interesse nei confronti delle narrazioni serializzate. Le colpevoli sono ancora una volta loro, le abominevoli copertine in stile opuscolo di Famiglia Cristiana! che purtroppo mi hanno tenuto compagnia per un anno intero, mentre gustavo una dopo l'altra le splendide storie racchiuse al loro interno.
Storia che non necessariamente è sinonimo di trama, come dovremmo aver imparato dopo quattro libri. Infatti, dopo un'introduzione ben più scarna delle precedenti, la narrazione si sposta negli anni Ottanta e Novanta per raccontarci la maturità e l'ingresso nella vecchiaia delle protagoniste. Ritroviamo Elena interamente catturata dall'idillio amoroso con Nino e sempre più in difficoltà nel far ordine tra famiglia, lavoro e sentimenti; nel contempo, l'attività di Lila va sempre meglio, tanto da portarla ad una silenziosa rivalità con i Solara per il controllo del vecchio rione napoletano. Ovviamente, nel corso del volume la loro situazione si evolve parecchio, anche perché mai prima d'ora era stato coperto un lasso temporale così lungo.
Questo mi porta a voler cominciare togliendomi qualche sassolino dalla scarpa, ossia parlando degli (insignificanti!) aspetti che non mi hanno convinta appieno, ed il primo è legato proprio al tempo. La cronologia degli eventi non è infatti sempre chiara e facile da seguire: in più punti ho avuto la sensazione di dover quasi indovinare quanti anni fossero passati tra una scena e l'altra. Ci sono poi due elementi che avrei voluto ottenessero maggiore spazio, ovvero la dimensione politica (rilevante, ma meno incisiva sulle vite delle protagoniste rispetto al quanto accadeva in "Storia di chi fugge e di chi resta") e la risoluzione di alcuni misteri; capisco di non trovarmi di fronte ad un giallo, però ero convinta che qualche risposta in più ci sarebbe stata fornita.
Accantonando le delusioni personali, passiamo ai tanti punti di forza di questo romanzo. In primis, ho adorato leggere del ritorno di Elena a Napoli e del suo riallacciare i rapporti con Lila, perché da entrambe le parti ci sono insicurezze, vecchi dolori e desiderio di supportarsi, e tutte queste emozioni creano una chimica formidabile. Riportare la narrazione a Napoli permette poi a Ferrante di dedicarsi in modo più dettagliato alla città, che qui torna ad essere un carattere vero, la terza protagonista dei tempi del primo libro. L'ambientazione è ulteriormente consolidata dal modo in cui le vicende nazionali e le catastrofi naturali reali incidono sulle vite dei personaggi, dando concretezza alla finzione.
Non che il cast creato dalla cara Elena ne abbia bisogno! tutti i suoi personaggi sono genuini e fallaci, e che li si trovi detestabili oppure lodevoli, sono destinati a rimanere nel cuore dei lettori. Una parte del merito è da imputare ai passaggi in cui vediamo una sorta di resa dei conti in cui diverse relazioni (quella tra Elena e Lila ovviamente, ma anche quella di Elena con la madre Immacolata o quella di Lila con il fratello Rino) vengono sviscerate a fondo, affrontando in modo credibile dei circoli viziosi che si trascinavano dal primo volume.
E concludiamo con le importanti tematiche, che in questa tetralogia non sono mai venute meno, ma allo stesso tempo hanno saputo evolversi. Qui si parla nuovamente di maternità, ma in modo più significativo, di figli avuti per una scelta matura piuttosto che per la pressione sociale o familiare; figli che rendono orgogliosi, figli che cercano attenzione, figli che fanno soffrire, figli nei quali scorgere uno specchio di se stessi: ed in questo modo il confrontro tra generazioni si consolida come pilastro della serie. L'autrice torna poi a concentrasi sulla figura femminile, sempre mostrata in tante sfumature, che in questo romanzo è alla ricerca di una nuova indipendenza, e ciò porta a dei conflitti ben individuabili nel carattere di Elena. Ho apprezzano molto la conclusione del suo percorso, tra risoluzioni prese con grande coraggio e dolore, e forse per questo ancor più emozionanti.