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Un sabato finito tragicamente.
Questo romanzo di Camilleri, già pubblicato nel 2009, è molto diverso dalle consuete storie dell'autore cui siamo abituati e che hanno sempre riscosso grandi consensi. Dimentichiamo il commissario Montalbano ed i suoi simpatici scagnozzi, così come il dialetto siciliano, ed entriamo con circospezione in tutt'altra atmosfera: siamo in una città non definita, i personaggi principali sono sette, tre coppie male assortite ed un amico, appartenenti a ceti sociali benestanti, con problemi di convivenza o personali irrisolti e sempre sull'orlo del fallimento. Pesano sul loro presente traumi che si trascinano dall'infanzia: un'infanzia che Camilleri inserisce nel racconto e che trascorre costellata da incomprensioni, litigi, comportamenti sessuali deviati da parte di una madre e di uno zio e addirittura sospetti di eventi delittuosi.
Ed ecco i nostri protagonisti: sono Matteo e la compagna Anna, Fabio con Giulia, Andrea con Renata e infine Gianni, gay solitario, con il quale Matteo, ai tempi del liceo, aveva avuto fuggevoli rapporti. Ed è proprio un Gianni redivivo che fa pervenire a Matteo, alcune foto compromettenti, ricattandolo e sconvolgendo la sua vita: Gianni vuole rivedere Matteo, cerca di minimizzare mentendo, ma, ormai, le voci si rincorrono, altri amici del giro forse sanno, si crea un clima di sospetti e paure. Si giunge al "sabato" del titolo: un incontro conviviale delle tre coppie al quale partecipa Gianni avrà un'inaspettata conclusione, degno colpo di scena finale che, in sostanza, vorrebbe essere una denuncia della deriva morale di una certa società contemporanea all'inizio del terzo millennio, una società fluida, instabile, priva di valori morali consolidati e di certezze. Nessuna speranza di riscatto, secondo Camilleri, soprattutto in presenza di un ambiente sociale vittima di infanzie traumatizzate, vissute tra orrori e vessazioni di ogni genere.
Il messaggio appare quindi chiaro: il comportamento da adulti può essere influenzato da quello che ognuno di noi si porta dietro dall'infanzia, tanto più quanto più l'infanzia è tribolata e povera di affetti. Camilleri stigmatizza così i suoi personaggi, talora esagerando, accentuando i toni fino a trasformare alcuni dei protagonisti in veri e propri simboli di un mondo malvagio e corrotto: a questo proposito cito solamente Renata, la compagna di Andrea, una ninfomane senza ritegno che perseguita in tutti modi Matteo, di cui è invaghita, pretendendo prestazioni sessuali in qualsiasi circostanza.
Dove invece Camilleri eccelle è nello stile narrativo, volutamente essenziale, scarno, privo di inutili fronzoli: ritroviamo qui il vero Camilleri, quello dei polizieschi di Montalbano, dove l'azione è tutto e la freschezza narrativa si impone.