Dettagli Recensione
Estraniamento e miraggio
“Il deserto dei Tartari” può essere considerato come la parabola dell'uomo che cerca di dare un senso alla propria esistenza. Nell'ambito immaginario del romanzo, in questo luogo-non luogo suggestivo e ricco di tensione, in questa fortezza che è casa e riparo, ma anche prigione e sofferenza, in questo deserto che rappresenta estraniamento e annientamento, si risolvono le ansie, i propositi, le speranze del protagonista. Egli è alla ricerca di qualcosa di grande, di glorioso, che lo possa distinguere e farlo sentire diverso dagli altri. In questo protendersi verso i propri ideali egli vive una tensione grandissima che lo porta verso un'aspirazione che è quasi bramosia, che è fame e sete insieme. Ma egli è anche e semplicemente un uomo, con i suoi limiti, la sua mediocre esistenza, la sua limitata concezione del mondo e degli altri, la sua incapacità di cambiare lo stato delle cose. Il protagonista rincorre un sogno, un miraggio di là da venire, e l'intera sua vita è il sacrificio di un uomo che si accorge di quanto breve sia la propria esistenza. In tutto questo vi è il riconoscere la limitatezza della vita di ogni essere umano e infine, al giungere dell'età senile e degli inevitabili rimpianti, arriva la consapevolezza del vero nemico che egli deve affrontare, non più i Tartari oltre il deserto, ma la morte. Il capitolo finale è certamente il più struggente, il più malinconico, il più amaro dell'intero romanzo.
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