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Il lato oscuro del consumismo
Un vero classico contemporaneo questo libro che può assolutamente definirsi un “evergreen” che non ha perso smalto dal 1962 (anno di pubblicazione) ad oggi. Nella storia fortemente autobiografica del protagonista, emigrato a Milano negli anni del boom economico per spirito di vendetta con l’intento di provocare un’esplosione nel “Torracchione” (un grattacielo pieno di uffici direzionali) e vendicare così le morti sul lavoro di numerosi minatori suoi compaesani, si evidenzia un messaggio ancora molto attuale. A tutt’oggi infatti le morti sul lavoro continuano a esistere, così come le mille difficoltà a trovare un lavoro e sbarcare il lunario per coprire tutte le spese ed arrivare a fine mese.
La vicenda raccontata da Bianciardi a tratti assume i contorni di un saggio sociologico nel quale l’autore non esita a illustrare il suo pensiero (“...questa è a dire parecchio una storia mediana e mediocre...Proprio perché questa storia è intessuta di sentimenti e di fatti già inquadrati dagli studiosi, dagli storici sociologi economisti, entro un fenomeno individuato, preciso ed etichettato. Cioè il miracolo italiano”). L’Italia del dopoguerra è un Paese nel quale la logica consumistica, il bisogno di spendere denaro per possedere sempre più oggetti è pompato al parossismo. L’obiettivo è la crescita continua della produzione, del reddito, dell’occupazione, con l’intento di creare un meccanismo apparentemente virtuoso che in realtà non fa che accrescere il potere delle classi dirigenti, delle autorità, provocando altresì l’alienazione delle masse, l’incomunicabilità degli individui, per ultima la noia. Lo stesso protagonista non risulta immune dal perverso meccanismo in quanto travolto dal fascino delle mille luci della città. Milano ed in particolare il quartiere di Brera dove vive, garantiscono un facile divertimento, molteplici occasioni di incontro, tanto che sembra inevitabile arrivare a tradire non solo la moglie rimasta col figlio nella provincia toscana, bensì il proprio vissuto, le proprie origini.
Sta proprio in questa aspetto il messaggio salvifico rilanciato dal protagonista che si rende conto del proprio fallimento, oramai ruota di un ingranaggio dal quale non riesce a staccarsi, perennemente alla ricerca di quel denaro necessario per vivere e da mandare a casa, dalla moglie. L’unica possibilità di redenzione da questa “Vita agra” passa dalla scelta consapevole della gente che deve imparare a “non muoversi, a non collaborare, a non produrre, a non farsi nascere bisogni nuovi, e anzi rinunziare a quelli che ha”. Solo così si potrebbe tornare ad uno stato di natura primigenio, con una riscoperta della sessualità “dono gratuito di natura l’unico bene riconosciuto e durevole” che farebbe così cessare qualsiasi altro bisogno consumistico.