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La vita dopo la colpa
“Ci sono buchi che non puoi riempire. Che resteranno lì per sempre, neri e profondi. Però, se vorrai, potrai costruirci una vita intorno.”
“Il male che subisci è molto meglio di quello che fai. Dal male che fai non c’è via d’uscita.”
Due solitudini, due desideri di annullarsi e scappare dal mondo anche se per motivi diversi, si incontrano, si trovano e vivono in modo disperato uno scampolo d’amore che sentono loro concesso. Il resto della trama è facilmente prevedibile, lo schema è semplicissimo e già molto visto.
Emilia e Bruno, l’una scappata dalla vita “normale” per un delitto commesso in gioventù dopo aver pagato i conti con la giustizia e una lunga permanenza nel carcere minorile, l’altro sopravvissuto ad un passato che lo fa sentire in colpa pur nell’innocenza, si trovano in un microscopico borgo piemontese, Sassaia, del quale sono gli unici abitanti insieme all’anziano Basilio.
Il loro desiderio è sparire, pur mantenendo un piccolo desiderio di rinascita che li aiuta a trovarsi su questo minimo comun denominatore.
Emilia ha il padre che le è sempre rimasto vicino nel dolore e che vorrebbe una vita nuova per la figlia: la sprona, la aiuta, la supporta e la comprende.
Bruno è il maestro del paese vicino. E’ completamente solo ed è dirimpettaio di Emilia a Sassaia.
Emilia e Bruno vivono una intensissima storia d’amore che fugge dalle spiegazioni che sono vietate tra i due, come se il loro passato non esistesse, soprattutto per Emilia. Alla fine Bruno cede e si racconta. Ma chi è davvero Emilia?
Lei non è pronta, troppo forte la paura di perderlo di fronte ad una verità terribile per la quale non si è probabilmente mai perdonata e che sente la segnerà per sempre. Eppure il padre, Riccardo, cerca di convincerla che la verità non va nascosta, e che occorre onestà per costruire un rapporto solido. Il debito è stato pagato, e occorre saper guardare avanti. Ma Emilia non riesce, troppo forti i fantasmi del passato.
Quello dei protagonisti però, di Emilia in particolare, è uno scappare dal passato che non ha lo scopo di ricostruirsi, ma ha l’obiettivo di nascondersi per negare se stessi. Serve davvero, ha un senso?
Ini questa avventura Emilia è aiutata da Marta, amica conosciuta in carcere, che la accoglierà quando Bruno, una volta scoperta la sua storia, la caccerà in malo modo. Le insegnerà che non bisogna vergognarsi del proprio passato.
Il romanzo alterna la prima persona di Emilia a quella di Bruno, parti della vicenda a lunghi stralci della vita in carcere di Emilia e del suo rapporto con la direttrice e con l’educatrice.
Il libro è sicuramente avvincente in alcune parti, seppure non in modo omogeneo, in particolare le parti nelle quelli racconta in passato ristagnano un po’. Ma la trama è scontata, piena di stereotipi e di luoghi comuni. Ne sono due esempi lampanti la storia (felicità, rottura, ritorno) e il personaggio di Emilia che risulta davvero molto, ma molto stereotipato, ed è un peccato. Ma davvero una ragazza che ha un delitto sul suo passato deve essere raffigurata come una macchietta? Davvero non era possibile un personaggio diverso? E poi perché mai Emilia, solo per il suo passato, deve parlare in quel modo, quasi da ritardata? Non esiste davvero una diversa possibilità di rappresentazione di un personaggio che potrebbe invece essere molto sfaccettato e ricco?
E poi il vecchio Basilio, il saggio ovviamente, Bruno con la lunga barba che, ovviamente, si taglierà quando si sentirà meglio. E’ davvero tutto in questi particolari il negare se stessi?
E ancora Marta, la migliore amica di Emilia, e la direttrice del carcere, che si spende tanto per far studiare le ragazze e, ovviamente, si commuoverà al rivederle libere. Tutto è scontato, ovvio, senza un guizzo di originalità.
E’ ben triste che si pensi al mondo del carcere solo in questo modo, soprattutto in un romanzo.
Il tema è importante e poteva essere trattato con una ben diversa profondità anziché scadere nei più vetusti cliché. Non c’è un personaggio che non risulti banale macchietta di se stesso, che non aiuti il lettore a fare un passo in più.
Possibile infine che non si pensi a nessuna diversa alternativa di redenzione se non quella delle solitudini che sole riescono ad unirsi?
Un vero peccato, un messaggio, quello che si fa passare, che davvero non pensavamo, oggi, di dover più sentire.
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Diffido molto dei romanzi di cui tutti parlano molto bene, e di questo ne ho sentito parlare fin troppo.
Un saluto