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Vivere nell'attesa
«[…] Dopo tutti questi anni vorrei scoprire se in un altro mondo lui mi sta aspettando. Dopo tanto parlare, dopo tanto interrogare e ricordare, ora so che niente è più silenzioso della memoria.»
È il 1976, Amos e Anna vivono in una cittadina di provincia. Hanno due storie diverse alle spalle, vengono da mondi opposti ma insieme, dopo essersi innamorati, decidono di aprire una libreria. Lei, in precedenza, era docente. Sono sposati, hanno due figlie nate a distanza di pochi anni ma caratterialmente sono opposte. Emma e Cecilia, nate entrambe sotto il segno del Toro, Emma il 30 aprile del 1972, pesando 4 chili e con un vagito che già ne preannunciava il carattere deciso e Cecilia il 2 maggio con un carattere già da quel momento ben più mite. Una domenica mattina come tante Amos recita una poesia a memoria eppure, dopo un attimo si smarrisce e tutto dimentica. Cosa è successo? Questo episodio preoccupa la moglie che chiama il medico che a sua volta prescrive degli esami e che ancora li invita a recarsi a Roma per una visita specialistica. Ed è qui che tutto accade ma niente è accaduto: Amos esce per una passeggiata da solo a Trinità dei Monti, insiste per andare da solo, e da questo momento scompare. Anna vuole accompagnarlo, quasi come se sentisse il presagio ma lui non vuole. Ed è da qui che nasce l’attesa. Un’attesa che diventa spina dorsale per Anna, che la blocca, che non può staccarsi da questo suo vivere aspettando.
«Se smetto di aspettarlo lui davvero morirà, se non penso ogni giorno che lui c’è, lui non tornerà»
Ma lui se ne è andato davvero quel giorno o in realtà se ne è andato molto prima? E se l’abbandono non fosse un atto ma un divenire? E se fosse un percorso che si trasforma nella cerimonia dell’addio quando tutto il tempo si ritira e non resta che il dato di fatto?
È Anna, tra queste pagine, il fulcro centrale della narrazione. È lei che definisce i temi di quella che è una metanarrazione che ruota attorno al segreto, al dolore, alla sofferenza, alla solitudine, al rimpianto, al dover ricostruire in un tempo di attesa che non lo consente. Altra grande caratteristica di questo scritto è che tutti noi potremmo viverla una situazione come questa. Chiunque potrebbe vivere una storia di questa portata sperimentando un lutto dalle mentite spoglie.
Un romanzo intimistico, fragile, che prende per mano e conduce in un viaggio non semplice. E badate bene, non è semplice per davvero avvicinarsi a un romanzo come “La cerimonia dell’addio”. Tante sono le premesse, molteplici le chiavi di lettura. Un romanzo, ancora, fortemente sentito già dall’autore che lo dedica a sua moglie Federica, morta il 14 agosto 2022 senza poter davvero apprendere di quella che ne è stata la compiutezza.
“La cerimonia dell’addio” è un romanzo adatto a chi cerca risposte, a chi si pone delle domande, a chi ha vissuto una perdita, a chi sa cosa significa “attesa”.
Di seguito le parole dello scrittore relativamente alla perdita di Federica.
«Ho scritto questo romanzo per dire cosa ho perso: pezzi di memoria, frammenti di vita, ricordi non miei che andranno smarriti, perché vanno perduti i ricordi di tutti». Forse, però, qualcosa del passato resta sempre, il passato dove «quelli che ami non muoiono».