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Solo comparse di una guerra
"La voce di Ivo era scabra, Omar la sentì scalfirgli la nuca, riempirgli il petto di angoscia come una richiesta d’aiuto, e cercò Sen, mentre sui vetri delle rare finestre ancora integre una nuvola sfilava lenta, immacolata nel cielo blu senza dolore, un paradiso digiuno d’inferno, una città qualunque, una città non bombardata, dove i ragazzi ascoltano a bocca aperta un amico cantare – ma hanno denti storti, seghettati, denti caduti senza alcun premio, e ogni tanto tossiscono, anche se è quasi la fine di maggio, e tirano su col naso, anche se l’aria è calda, un’aria da terremoto o da spari in agguato, tengono in tasca proiettili raccolti per strada, ne fanno la collezione, li scambiano come figurine, il freddo del metallo nel palmo, e seduti sull’erba di un’aiuola che nessuno ha rasato loro sanno di non essere ragazzi qualunque, e non sono fantasmi, neppure eroi, solo, canta Ivo, solo comparse di una guerra." Prendendo ispirazione da un evento tragicamente vero, cioè il bombardamento di un orfanotrofio a Sarajevo nell'estate del 1992, Rosella Postorino racconta una drammatica pagina di storia contemporanea vista attraverso gli occhi di un gruppo di ragazzini costretti ad espatriare per sfuggire alla guerra. Omar, Senadin, Nada, Danilo, nomi di fantasia, storie partorite dall'immaginazione della scrittrice ma molto più tangibili di quanto si possa credere. Come accaduto infatti nella realtà, i nostri piccoli eroi e tanti altri compagni di viaggio cui è toccata la stessa sorte, vengono caricati su dei pullman diretti in Italia. L'obiettivo è quello di allontanarli dagli orrori di un conflitto fratricida, sanguinoso e insensato come lo sono tutti. Omar e Senadin sono fratelli, vivono in orfanotrofio anche se la loro mamma è ancora viva, perché la donna, abbandonata dal marito, non ha la possibilità di mantenere i figli. Mentre Sen, il maggiore, vive questa situazione come una colpa della madre, rifiutando di vederla quando possibile, il piccolo Omar gioisce ogni volta che ha la possibilità di passare un po' di tempo con lei. Proprio durante una di queste uscite madre-figlio, i due vengono drammaticamente separati dallo scoppio di una granata. La donna viene data per morta, ma Omar non accetterà mai questa versione e continuerà a sperare di poterla riabbracciare. Nada è figlia di una prostituta e vive in orfanotrofio insieme al fratello Ivo, il leader degli ospiti dell'istituto, abbastanza grande da non potersi sottrarre alla chiamata alle armi. Con una madre assente, un fratello maggiore, unico vero riferimento, impegnato al fronte, la piccola con la passione per il disegno si trova ad affrontare i tragici eventi confortata soltanto dall'amicizia viscerale che la lega al piccolo Omar. Durante il viaggio della speranza verso il Bel Paese, la ragazzina conosce Danilo, figlio di una famiglia borghese, messo sul pullman dai suoi genitori come disperato tentativo di regalare, almeno a lui, un futuro migliore. L'ambientamento in Italia non sarà facile per nessuno, ma mentre Senadin e Danilo riusciranno a trasformare la sventura in opportunità, Nada e soprattutto Omar vivranno il distacco dal loro mondo, dalle loro radici, come una tragedia capace di creare un vuoto incolmabile. Reazioni differenti, nel caso dei due fratelli addirittura diametralmente opposte, raccontate con grande forza narrativa ed estrema sensibilità, in un romanzo corale coinvolgente e commovente, caratterizzato da un ottimo stile di scrittura. Chiaro ed inequivocabile atto di accusa nei confronti della guerra, il romanzo di Rosella Postorino punta il dito anche verso un sistema di adozioni superficiale, frettoloso, ipocrita, volto più a placare i bisogni e i desideri delle famiglie occidentali coinvolte che a curare la riconciliazione con quelle di origine, di cui nessuno si è veramente voluto occupare una volta terminato il conflitto. Il tema della famiglia rimane centrale per tutta l'opera, dalle prime pagine fino ad un finale proiettato vent'anni più avanti, affiancato da quello dell'amicizia, caposaldo della vita di ognuno di noi e ancora più necessario, se possibile, in situazioni drammatiche come quelle in questione, e da quello disperatamente necessario della pace e costantemente ineludibile della speranza. "Sei ragazzi a un chilometro dalle postazioni serbe, sali, parti, scivola scivola scivola bum, cappottato, bum, bum, cappottato, caduto, la neve è soffice, la fronte è gelida, per sempre gelida, la neve è rossa, lo slittino riverso.In italia hanno detto candidiamoli al nobel per la pace, i bambini uccisi dalla guerra, pare uno scherzo, l’ennesimo oltraggio, candidateli a un premio che non potranno ritirare, perché no, candidateli, lo hanno vinto perché sono morti di guerra, che bell’esempio di pace, basta poco per vincere, basta soccombere, scivolare su uno slittino in un quartiere assediato, ridere come ragazzi in un giorno di sole invernale, a gennaio dato che per la pace non fate nulla, ne lasciate la responsabilità ai nostri figli trucidati, ai frammenti dei nostri figli sparpagliati sulla neve, siamo stati noi a raccoglierli, il nobel per una cosa che non sapete quantificare, descrivere, una cosa astratta, un fatto solo nostro, “basta non ci sia la guerra”, la maledizione di essere umani, mortali, di avere figli, di essere figli."
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Vedo il tuo gradimento, ma non so se il libro possa essere nelle mie corde.