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Una dissacrante descrizione dell'ambiente accademi
Che bel romanzo davvero!
I temi sono principalmente due, prima separati e che poi si intrecceranno: la descrizione, dissacrante e ironica, dell’ambiente accademico ed il racconto, più denso e spesso intimista, di come nacquero i movimenti terroristici negli anni ’70. Ma andiamo con ordine.
Sin dalle primissime frasi il romanzo rivela la sua prima cifra stilistica: brillante e spesso sarcastica quando parla del mondo della ricerca universitaria. E’ infatti una divertente descrizione dell’ambiente accademico che non ha mai momenti di cedimento. Il mondo della ricerca sembra un moderno medioevo tanto è stratificata di schiavitù e servilismi verso i baroni nei quali è difficile districarsi per un non addetto.
Alcuni momenti sono indimenticabili: la spiegazione del senso di scrivere un articolo accademico, dell’importanza delle note e della classificazione delle citazioni sulla base di amicizie e inimicizie, non proprie ma del proprio mentore è davvero memorabile così come la parte dedicata alla preparazione del congresso di italianistica.
Il protagonista è Marcello Gori, trentenne, laureato in lettere dopo ben 10 anni di frequenza, sostanzialmente disoccupato e che vive ancora con la madre non potendosi mantenere. Fa qualche lavoretto per raggranellare pochi euro, non ha e non cerca un lavoro stabile. Insomma un perenne adolescente che non si è ancora deciso a crescere).
Marcello ha una fidanzata, Letizia, che è il suo contrario. Studentessa di medicina, perfettamente in corso, orientata al suo futuro e ben saldamente ancorata con i piedi per terra. Per entrambi la relazione è solo la casella “fidanzato/fidanzata” da riempire, come dice l’autore. La loro relazione ha in fondo lo scopo solo di dare un senso al sabato sera e a qualche weekend. Nulla di più. Tanto è vero che quando Letizia proporrà di fare il passo verso la dimensione adulta Marcello si sentirà mancare la terra sotto i piedi.
Per caso o per ripicca Marcello si iscrive al concorso per una borsa di studio per un dottorato all’Università di Pisa e altrettanto per caso, non essendo nella rosa dei prescelti, vince il concorso e si ritrova assunto. Non è sicuramente il prediletto del professore che gli rifila una tesi su un autore a Marcello completamente ignoto, Tito Sella, che, da una ricerca su Wikipedia, scopre essere stato un terrorista viareggino che ha però anche avuto una discreta produzione letteraria. Il protagonista si dedicherà quindi alla scoperta della sua opera e prima ancora della sua vita, tra un colloquio e l’altro con il collega di dottorato, più esperto e scaltro di lui, e con un amico più avanti nella carriera universitaria che un po’ alla volta gli sveleranno i segreti per fare strada nello strano mondo che sono le Università.
Il romanzo passa quindi a raccontare la storia di Tito Sella e dell’ambiente storico nel quale è nata la brigata viareggina Ravachol (tutto frutto di fantasia). Un gruppo di giovani di estrazioni diverse e che non voleva in fondo fare male, che sperava in un mondo più giusto per tutti e i cui membri si ribellavano all’idea della violenza considerando sufficienti le azioni dimostrative. Tito aveva studiato, era religioso e aveva letto molto sull’argomento. Per questo nei suoi scritti si trovano diversi parallelismi con il sacro. All’inizio sembra strano trovarli nei testi di un terrorista ma va considerato che si trattava di terroristi un po’ sui generis, benché sempre spinti dall’idea che la giustizia potesse farsi strada anche attraverso vie non consuete e non legali.
Il gruppo utilizza la parrocchia come copertura per avere i locali nei quali riunirsi e organizza le prime azioni.
In questa parte il racconto si fa serio e circostanziato, talvolta molto intimo. Si respira l’aria degli anni ’70, lo stile è completamente diverso in questa parte ma non perde in piacevolezza e interesse. In particolare l’autore porta il lettore nel sorgere della necessità di ribellarsi al sistema, non ai fini di un arricchimento collettivo ma semplicemente di giustizia sociale per tutti all’interno di un’ideologia anarco-marxista connotata da una sua originalità e anche da una notevole dose di improvvisazione. Le azioni si susseguono, tutte con esito fortunato. E’ interessante questa parte, anche per i diversi caratteri dei componenti della brigata, che devono trovare un minimo comun denominatore all’interno dei paletti che si sono posti. Alla fine di questa parabola Tito Sella sarà condannato all’ergastolo.
Il romanzo narra poi la vita del protagonista a Parigi dove si recherà per studiare l’archivio di Tito Sella ed il suo successivo rientro a casa. Le due storie (quella di Marcello Gori e di Tito Sella) un po’ alla volta si intrecciano, tra colpi di scena e stili diversi che si avvicendano tra loro in modo perfettamente equilibrato. Il lettore è sempre più trascinato dal racconto.
Ho molto apprezzato questo “La ricreazione è finita”, sia, come ho già detto, per la molteplicità di stili, per la ricchezza di citazioni, per l’equilibrio interno della storia, per la piacevolezza e, non ultimo, per la perfetta definizione di tutti i personaggi che per tutto il libro e senza sbavature si muovono e parlano esattamente come l’autore li descrive. Ci sono personaggi di minor peso, non ci sono personaggi non perfettamente tratteggiati.
Un bellissimo romanzo, davvero da consigliare.
“L’accademia è un mondo psicotico affetto da una grave dispercezione della realtà, popolato da individui dotati di fama estremamente limitata(..) che operano in un settore marginale e assolutamente indigente come quello della cultura, e che nondimeno si sentono delle rockstar, e hanno ego e comportamenti commisurati a questa loro convinzione.”
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