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Testo quotabilissimo
Quest'anno ho avuto la fortuna di poter partecipare alla mia prima readalong in occasione dell'uscita della nuova edizione di "Va' dove ti porta il cuore", realizzata da Solferino a quasi trent'anni dalla prima pubblicazione di uno dei romanzi italiani più celebri all'estero. Prima di questa lettura, il mio solo incontro letterario con Tamaro era stato "Ascolta la mia voce", un libro ben scritto ma con una trama farcita di convenienze narrative; con questo nuovo approccio sarà andata meglio? Nì, ma diciamo che qui si tratta principalmente di gusto personale.
Il volume si presenta come una lunga lettera scritta da Olga alla nipote, al momento impegnata in un viaggio negli Stati Uniti, altrimenti nota come la terra dei cactus e dei coyote. L'anziana si sta faticosamente riprendendo dopo un malore, e proprio da questa situazione nasce l'idea di mettere su carta i pensieri di oggi ed i ricordi di ieri, per lasciare qualcosa alla ragazza nel caso dovesse rimanere sola. Con questa premessa, Olga inizia un viaggio nel passato: cominciando dalle difficoltà nel dover crescere la nipote, continuando con vari ricordi -dall'infanzia alla sua vita da adulta-, per arrivare infine a svelare il suo più grande segreto.
Inquadrato il contesto, partiamo dagli aspetti positivi e -nella fattispecie- da una grande conferma: la cara Susanna scrive benissimo: la sua prosa è estremamente scorrevole, nonostante non pecchi di diversi guizzi peculiari. Il tono della voce narrante risulta inoltre verosimile, perché la presenza di pochissime battute di dialogo è in linea con il concetto di memoir. Ho appezza anche le efficaci metafore, che mostrano i pensieri di Olga attraverso degli esempi alla portata di tutti.
L'altro grande punto a favore di questo romanzo sono le valide descrizioni dei rapporti interpersonali. Puntando la luce soprattutto sui contrasti generazionali, l'autrice riesce a raccontare delle relazioni genuine, che ben riflettono quelle presenti nella vita reale. Di conseguenza, anche i problemi sorti tra la narratrice e le persone nella sua vita sembrano molto concreti, simili ai conflitti che tutti noi ci troviamo ad affrontare.
Come anticipato però non sono riuscita ad appezzare l'esperienza di lettura. Lo scoglio principale per me è stato la caratterizzazione della protagonista: già dalla premessa (decidere di non dire nulla alla nipote sul suo stato di salute, privandola della possibilità di avere un ultimo confronto) si capisce come Olga sia una persona codarda ed arrogante, sempre pronta a riversare sugli altri le proprie colpe. Per ogni suo errore non manca di incolpare i genitori troppo esigenti, il marito troppo assente, la figlia troppo stupida, la società troppo giudicante; a rendere ancora più fastidiosa questa sua retorica è l'assenza di un'altra prospettiva, per cui bisogna prendere per buona la sua versione dei fatti a scatola chiusa.
Passando però a delle critiche meno soggettive, abbiamo una ricercatezza lessicale un po' eccessiva -se consideriamo il contesto semplice e spontaneo di una lettera scritta di getto- e delle riflessioni che al giorno d'oggi stonano parecchio. Penso in particolare a come vengono demonizzate la figura dello psicologo e la scelta di andare in terapia; la voce narrante è estremamente autoreferenziale, e per questo vede la psichiatria come un'attività truffaldina che peggiora soltanto la condizione mentale dei pazienti. Una situazione analoga riguarda il femminismo, del quale Olga stravolge il significato stesso: a suo avviso questo movimento ha l'obiettivo di ridurre gli uomini a mero accessorio delle donne, uccidendo nel mentre i sentimenti genuini. Sentimenti genuini che invece abbondavano nei matrimoni combinati o di interesse, giusto?
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