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Sipario
“Tutto il mondo è in una stanza.
Tutto il mondo è in quella stanza.”
Corrado Lazzari, il Maestro, appena diciottenne è entrato nell’Accademia di Arte Drammatica, è da poco finita la guerra. Vuole fare l’attore.
E’ stato il più grande attore del Novecento e Shakespeare il suo mondo. Affollatissimo.
Poi sono trascorsi gli anni e le stagioni. La folla è scemata. I sipari si sono aperti e chiusi.
Oggi è solo. Nessuno va a trovarlo. Nessuno si siede con lui per parlare, per ricordare.
E’ solo con i suoi scatoloni strapieni di ricordi del teatro, della sua vita ormai fatta di foto, ritagli di giornale, vecchi copioni.
Abita in un vecchio palazzo al quinto piano al centro di Roma, esce poco, per lo più legge, scrive, ascolta musica, riordina il suo archivio. Un appartamento frequentato solo da lui, se non fosse per Alessandra, che a pranzo e a cena gli va a consegnare il pasto su un vassoio.
Le giornate trascorrono tutte uguali, alcuni parlerebbero di una perfetta solitudine e ne avrebbero paura. Lui no. Lui, le sue abitudini e la sua quotidianità, scandita ogni giorno.
La sua casa che vive anche quando lui non c’è.
Sembra un racconto di una grande solitudine, ma forse mi inganno.
Forse basta poco a far ritornare quel mondo, forse basta un po’ di luce.
Qualcosa ancora può succedere. Accade che Alessandra vada a bussare alla sua porta, questa volta non per portagli il pasto, ma perché sta’ studiando alla sua tesi sulla storia della messa in scena di Shakespeare in Italia, dunque ha pensato a lui, al Maestro.
Alessandra. Parlare. Ascoltare. Raccontare. Rivivere. Lasciare l’eredità dei ricordi.
“A volte invece è come se si aprisse una porta, ed entrasse una luce che acceca.
E quel mondo torna.”
Francesco Carofiglio fratello del più famoso Gianrico, ci narra di una vita avventurosa e felice e del suo evolversi nella vecchiaia. Di come la solitudine possa trasformarsi in un interesse ritrovato, come i ricordi possano smettere di essere solo ricordi e tornare a rivivere lasciando una eredità di racconti.
Si può tornare a essere vivi se i desideri non sono definitivamente morti, ma solo sopiti.
Non importa quanti spettatori ci saranno.
Basta la ritrovata emozione per scoprire che nulla è perduto, per intraprendere il nuovo viaggio in serenità.
Ridere a voce alta quando si è soli fa compagnia oppure rende il silenzio più concreto?
La prosa scorrevole, a tratti quasi lenta, sembra essere scolpita a immagine di quest’uomo, che in fondo mi tiene compagnia, e mi chiedo se lui riesca a sentire la mia. Mi viene facile immedesimarmi e mi chiedo chi potrebbe essere la mia Alessandra, e se ci possa essere una Alessandra per me.
Il Maestro mi fa riflettere, in silenzio, mi perdo nei miei ricordi e nelle mie elucubrazioni.
Una nota malinconica accompagna tutto il racconto, provo una tristezza che è anche una constatazione, mi inseguono continuamente e mi accompagnano nel finale che è anche consolazione.
Buone prossime letture.