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Il manicomio è pieno di fiori, ma non si riesce a
Il manicomio si trova su una collina, nella vasta pianura lucchese. È un “castello” che contiene 1039 matti, circa duecento infermieri, un medico e 19 suore.
«Fuori c’è la vita, la gioventù, la bellezza, la gioia che ride; e qui mille matti rinchiusi, prigionieri dei loro delirî, sudati, sporchi, poveri.»
Mario Tobino scrive questo testo che nell’intenzione dell’autore è di fiction, ma che in realtà attinge a piene mani dall’esperienza dello psichiatra e scrittore toscano. Tobino fu direttore dell’ospedale psichiatrico di Lucca e in queste pagine si è liberamente ma concretamente lasciato ispirare da alcuni frammenti di vita e di malattia che ha incontrato nel suo percorso di vita.
Si tratta di una lettura toccante e in alcuni punti difficile, poiché mostra senza filtri una realtà inquietante, poiché parla di malattia: di vite spezzate, violentate, spente o addirittura pacificate dalla pazzia. Siamo nel periodo precedente all’introduzione degli psicofarmaci nella terapia delle malattie mentali (1953) e le persone – prevalentemente donne- rinchiuse nel manicomio di Magliano vivono fino in fondo la loro condizione. Sono intrappolate nel loro dolore, o forse, chissà, in qualche modo anche liberate dalla loro follia.
Il medico-scrittore vive in questo mondo, un po’ universo parallelo e realtà alternativa, che si nutre del mondo reale ma allo stesso tempo ne viene respinto e scacciato. Il manicomio ha le sue regole, le sue gerarchie, le sue familiarità e atrocità. Un luogo dove la sofferenza svela senza più alcun pudore la vulnerabilità umana e per questo permette di amarla.
«La mia vita è qui, nel manicomio di Lucca. Qui si snodano i miei sentimenti. Qui sincero mi manifesto. Qui vedo albe, tramonti, e il tempo scorre nella mia attenzione. Dentro una stanza del manicomio studio gli uomini e li amo.»
Un libro intenso e emozionante che ci arriva attraverso una scrittura frammentata e poetica.
«Cosa significa essere matti? Perché si è matti? Una malattia della quale non si sa l’origine né il meccanismo, né perché finisce o perché continua.
E questa malattia, che non si sa se è una malattia, la nostra superbia ha denominato pazzia.»
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Commenti
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Cari saluti
Chiara
Di Tobino ho letto anche "Il perduto amore" ma credo che questo sia il suo libro più rappresentativo.
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Sicuramente uno scrittore interessante ; però di lui non ho letto altro.