Dettagli Recensione
Comportamenti ancora attuali (purtroppo!).
Premetto che ho approcciato il romanzo della Ardone con un po’ di scetticismo: sapevo di cosa trattava e pensavo che l’argomento, ancorché di grande importanza e degno della massima attenzione, non era poi così originale essendo stato sviscerato in tutti i suoi aspetti non solo dalla letteratura ma anche, e forse soprattutto, dal cinema.
Invece ho scoperto un romanzo ricco di pathos, capace di sprigionare una forte e avvincente tensione emotiva in grado di catturare il lettore. La storia è ciò che mi aspettavo: una ragazzina siciliana, intelligente, con una enorme voglia di vivere ma con la paura di crescere che, a differenza delle sue coetanee, teme il momento in cui avrà per la prima volta il “marchese” temuto spartiacque tra l’adolescenza e l’essere “donna”. Inconsapevole di essere bella, Oliva Denaro è una ragazzina minuta, curiosa, che ama studiare, libera nell’animo e nella testa (cosa non facile nella Sicilia degli anni ‘60-‘70). Ma il “marchese” arriva e nonostante “…da quando sono diventata femmina sto come sotto una tettoia durante un temporale: non mi allontano per non bagnarmi…” Oliva diventa “l’oggetto del desiderio”, la “preda” sognata dal giovanotto del paese. Bello, ricco - ma di una ricchezza di dubbia provenienza - il giovanotto incarna il prototipo dell’uomo dell’epoca, un uomo che è padrone, è superiore, domina, che non accetta il diniego, che può prendere quanto desidera, e poi magnanimamente riparare. A Oliva accade ciò che tacitamente temeva e che accadeva sovente in quegli anni: deve subire prima le attenzioni e poi il rapimento e la violenza del giovanotto. Solo che in questo caso non si tratta della famosa “fuitìna” consensuale per imporre un matrimonio perché Oliva si nega, si ribella e, infine, denuncia il violentatore (che poi verrà condannato ad un solo anno perché all’epoca vigeva ancora il famigerato codice Rocco). Con questo atto Oliva rivendica il proprio diritto di scelta quasi istintivamente, per un innato senso di libertà prima ancora che per una personalità non ancora pienamente formata (ricordiamo che ha 16 anni). Ma di questa scelta Oliva ne subirà le conseguenze con l’ostracismo del paese che non capisce i motivi di tale scelta e soprattutto l’aver rifiutato il matrimonio riparatore, con l’abbandono della scuola cui l’obbliga la madre e, infine, con la perdita definitiva della spensieratezza, dell’adolescenza. E fin qui è un po’ quel che mi aspettavo. Ma ciò che permea il romanzo e dove esso compie il salto di qualità è nei rapporti che la Ardone riesce a tessere. Il rapporto di Oliva con la madre, con la sorella Fortunata (ma non nella vita) e con il suo fratello gemello Cosimino, il rapporto con il suo amico d’infanzia Saro che lei protegge dai loro coetanei che lo dileggiano per la sua zoppia e che alla fine sposerà (Saro è da sempre innamorato silente di Oliva ma sa aspettare e, come le dice la prima notte di nozze, “…chi ti vuole bene non ti strapazza, non ti intimorisce, non ti forza…”). Fondamentali i rapporti con tre donne che influiranno notevolmente sulla maturazione di Oliva e sul consolidarsi della sua coscienza di donna: la sua amica comunista Liliana, che arriverà, “come la Iotti che non è nemmeno sposata”, in parlamento; con la sua insegnante Rosaria e con Maddalena, una donna della UDI (Unione Donne Italiane) che viene dal continente per supportarla nella battaglia legale. Ma a mio avviso il rapporto che raggiunge livelli straordinari è quello di Oliva con il padre Salvo. Salvo è un lavoratore, un contadino, parla poco e malvolentieri ma il dialogo con la figlia, fatto di sguardi, fugaci contatti fisici, condivisioni di pensieri raggiunge livelli di comprensione e complicità altissimi, non sempre facili da trovare in un rapporto padre/figlia. Un padre che capisce prima della stessa Oliva i suoi pensieri, le sue volontà e le asseconda con delicatezza, senza apparire ma sostenendo le sue scelte e, anzi, incoraggiandola stando sempre dietro le quinte. Non a caso, in uno dei rari momenti di tensione di Oliva verso il padre, Salvo le risponde: “…mi hai chiesto cosa faccio. Questo faccio io…se tu inciampi io ti sorreggo…”. E alla fine Oliva riconosce la saggezza del padre “…ogni cosa viene per chi sa aspettare”. Questa comunanza è sottolineata magistralmente dalla Ardone nella quarta ed ultima parte del libro dove le voci narranti di Oliva e Salvo si alternano nei vari capitoli e in cui il pensiero di chiusura di un capitolo è lo stesso identico dell’apertura del successivo.
Un bel libro che si legge facilmente, tutto d’un fiato, che procede in un crescente coinvolgimento del lettore e che, mi auguro, leggano tutte le figlie e tutti i padri.