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Un clima di totale insensatezza
L'esistenza di Cosimo Tumminia scorre lenta, metodica, solitaria, nel piccolo paesino siciliano di Calcara in cui il nostro uomo viene visto dalla maggior parte dei suoi concittadini come uno iettatore, un menagramo. Cambi di strada improvvisi, goffi gesti scaramantici mal celati, pungenti battute e commenti al vetriolo sono ormai all'ordine del giorno. Con la stessa rassegnazione con cui vive la sua poco edificante fama, Cosimo affronta la vita di tutti i giorni, le lunghe giornate nella sua officina per biciclette sempre a corto di clienti, con l'unica compagnia di una vecchia radio, l'unico passatempo rappresentato da quel periodico di enigmistica che si fa durare per tutta la settimana, la sedia che sposta continuamente durante il giorno per inseguire un'effimera ombra che dia un minimo di sollievo dall'afa. Poi, a fine giornata, la consueta visita alla madre, con la quale ufficialmente vive ancora, salvo essersi trasferito da solo, ormai da un bel po' di tempo, nella casa di campagna per controllare un guasto idraulico, senza aver ancora fatto ritorno al tetto materno. Ma ogni sera passa da lei, ogni volta il solito, striminzito dialogo fatto di brevi domande e ancor più rapide risposte, qualche mugugno e alla fine spunta sempre un portavivande con dentro la cena da portarsi a casa, dove mangerà solo, a volte con la compagnia di un po' di televisione, a volte senza neanche quella, finché non si metterà a letto in attesa che ricominci tutto da capo. In passato c'è stata qualche donna, storie che non hanno mai portato a niente, se non alla decisione di chiudere definitivamente a qualsiasi relazione amorosa e affidarsi, per le normali pulsioni, ad una professionista, la non più fiorente Angela, la Trimmutùra. A spezzare la consolidata routine del protagonista ci pensano loro, "quelli", gente con cui non si scherza e a cui non si possono negare favori. Cosimo infatti non glielo nega, un po' per paura di queste persone e della fama che si portano dietro, un po' per arrotondare, con la ricompensa che si aspetta dai suoi servigi, le magre, quasi nulle entrate dell'officina. Servigi che consistono nel semplice compito di tenere nella sua casa di campagna, per non più di tre, massimo quattro giorni, un bambino, in attesa che "quelli" ritornino a prenderselo pagandogli il disturbo. Un compito, per quanto moralmente discutibile e penalmente perseguibile, in apparenza tutto sommato facile. Tuttavia la sua totale inesperienza in materia e, ancor di più, la sua misantropia, la sua sociopatia, la sua goffaggine, lo portano verso una tragedia annunciata. Riuscirà almeno l'intervento della madre, venuta a conoscenza del segreto del figlio, ad evitare il dramma? Con una narrazione tutta al presente, un incedere lento, pacato, cupo, Roberto Alajmo racconta la storia tragicomica di un uomo e di sua madre, legati da un rapporto morboso di totale dipendenza, di malsana simbiosi, e di un bambino senza nome, senza storia, chiuso in un dolore impenetrabile. La detenzione del ragazzino scorre dal primo momento in un clima di totale insensatezza, spezzata di tanto in tanto da qualche tocco di drammatica ironia, di rocambolesco sarcasmo. I sentimenti non esistono, i protagonisti si muovono, parlano, compiono gesti in maniera quasi robotica, del tutto privi di empatia, di tensione emotiva, spinti da una fredda razionalità, da un meccanico senso del dovere. L'ambientazione ristretta, consistente in un piccolo paesino di provincia bruciato dal sole, in un'officina deserta, in una casa asfittica, in una stanza priva di finestre, rende l'atmosfera pesante, quasi claustrofobica. I personaggi secondari appaiono pochissimo e quasi soltanto per dovere di cronaca. "Quelli" non si manifestano mai, anzi scompaiono nel nulla lasciando il piccolo detenuto in mani palesemente sbagliate, Cosimo alle prese con una brutta gatta da pelare, la donna invischiata in una matassa difficile da sbrogliare. Sarà il suo "Cuore di madre", che dà il nome al libro, a risolvere la situazione? Oppure il titolo, alla fine, si rivelerà una beffa da parte dell'autore, uno sfrontato, amaro, spietato gesto di scherno?