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NIENTE DI NUOVO SUL FRONTE OCCIDENTALE
Mara è una ragazza sveglia e vivace. Forte della propria condizione di donna giovane e bella, vuol vivere la propria vita appieno, ha fame d’amore, desiderio di indipendenza dalla famiglia, di riscatto dalla povertà.
Si fidanza con Bube per caso, per gioco, per dispetto verso la cugina Liliana. Il ragazzo non soddisfa le sue aspettative: è povero, gretto, maldestro. Le nega l’affetto, cerca di sottometterla, non sa scriverle lettere d'amore, la taglia fuori dalla sua vita che ruota attorno al partito e ai compagni e verso i quali, d’altronde, Mara non nutre alcun interesse.
La prima esperienza di coppia si consuma tra Colle Val d'Elsa e Volterra, in un susseguirsi lento e monotono di passeggiate attorno alla piazza, acquisti superflui, caffè al bar e pasti in trattoria per ammazzare il tempo e la noia. Verso la fine, si intravede qualche scampolo d’amore, ma sembra più dettato dall’urgenza dei loro giovani corpi che da una sincera passione amorosa tra due persone che, in fondo, non hanno nulla da dirsi.
Più tardi, durante il periodo di latitanza del compagno, Mara incontrerà Stefano. Nemmeno lui, con i suoi discorsi seri e ampollosi, corrisponde al suo ideale di amore, ma riesce ad adattarsi meglio a quell’astratto bisogno che cova nel cuore. E tuttavia, lo lascia. Sceglie ostinatamente di restare con Bube.
Perché? La domanda sorgerebbe spontanea, eppure non sorge. C’è una immersione tale nella storia e nel personaggio, che il pensiero e la realtà delle cose si accomodano intorno. Mara ubbidisce a un ruolo che lei stessa, gli altri, le circostanze le hanno cucito addosso in un abito che, negli anni, è divenuto una camicia di forza dentro cui ci si è rannicchiata senza percepirne la costrizione. Sul collo, un’etichetta “ragazza di Bube” che negandole un nome, le nega di fatto una identità.
A ben guardare, tuttavia, non è solo Mara che si annulla in nome della devozione verso Bube, ma Bube stesso si immola in nome della fedeltà al partito.
E dove l’identità dei singoli sparisce, si afferma quella collettiva imperniata su ideologie, partiti e scontri sorti all’indomani della seconda guerra mondiale e della guerra civile tra partigiani e repubblichini.
Qui l’attenzione di Cassola si concentra sul divario incolmabile che contrappone uomini a ideali, sulle contraddizioni tra tensioni egualitarie e libertarie rispetto a una dialettica sociale tutta basata su antiche logiche patriarcali, rapporti di forza, gerarchie economico-culturali che presto o tardi svelano il loro volto feroce e non esitano, come sempre, a sacrificare l’ultimo e il più debole. Come dire, niente di nuovo sul fronte occidentale.
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