Dettagli Recensione
Un cortile, la vita di una città.
Palermo, città dai mille contrasti e dai mille colori: bella, pulsante, accogliente, protagonista con i suoi vicoli e le sue piazze di questo bel romanzo di Giuseppina Torregrossa, ambientato nei cosiddetti anni di piombo, tra il ’60 e l’80 del secolo scorso. E’ la storia piena di contrasti di una famiglia, alloggiata in un piccolo appartamento in un cortile dove tutti si conoscono, giudicano e sono giudicati, sperando sempre in una vita migliore. Lui è Mario, orfano, allevato da una zia premurosa e un po’ sventata, che l’abbandona per rincorrere un giovane mafioso, forse l’ultima occasione della sua vita. Lei, Melina, ha una famiglia severa: conosce Mario, a 16 anni lo sposa prima che lui parta, carabiniere, per Roma: torna per una licenza, lei resta incinta, nasce Maruzza . La bimba ha qualche problema (le vengono erroneamente diagnosticate prima una sindrome di Down, poi una poliomielite), ma cresce bene: madre e figlia soffrono per la lontananza del padre, ma una raccomandazione in alto loco del parroco del quartiere consente a Mario di conoscere addirittura Aldo Moro, che lo guiderà come un padre e faciliterà la sua destinazione a Palermo. La famiglia è riunita, ma covano dissensi: Melina è ancora giovane, si è maritata in fretta e furia, troppo presto, non vede miglioramenti nella sua vita e si consuma nelle faccende domestiche, mentre Mario vede spegnersi le illusioni in una vita migliore, si scontra con la moglie per i più futili motivi. Hanno lavatrice e TV, ma non basta: Maruzza intanto cresce, è uno spirito ribelle, non sopporta più le costrizioni di una famiglia all’antica e cerca nelle amicizie ( una suora dalle vedute moderne e ragazze dei circoli femministi) comprensione e sostegno. La vita continua: si succedono i governi Tambroni e Moro, sono riportati ampi stralci del pensiero di Moro, fautore di alleanze politiche più ampie per una maggiore solidarietà nazionale, ma i tumulti popolari non danno tregua, il sequestro e l’uccisione di Moro segnano il culmine di un periodo nefasto e turbolento. Tutto questo è riportato dall’autrice con commossa partecipazione, a testimonianza del particolare momento storico, contrassegnato anche dalle mosse occulte di una mafia mai domata e dal funesto terremoto del 1968.
Ma Palermo è anche altro. Aumenta l’afflusso di stranieri dai Paesi più poveri, il cortile dove vivono Mario e Melina ospita una nuova umanità, piena di risorse: su tutti mamma Africa, una donna che prepara cibi esotici, elargisce saggi consigli, ha una parola buona per tutti, cerca di ricreare nel cortile uno spirito di amicizia e collaborazione che si era gradatamente spento.
Sembra che Mario e Melina, di nuovo incinta, cerchino di ritrovare un legame che li unisca, un malore di Mario risveglia in Maruzza l’affetto per quel padre scorbutico, che forse la puniva severamente per eccesso d’amore: fatto sta che tutti si ritrovano in cattedrale alla Messa di Natale, palermitani e immigrati d’ogni Paese pronti con canti e cerimonie, a testimoniare una città che “tutti accoglie e tutti assiste, la mamma che tiene aperte le porte anche alla notte perché non si sa mai se qualcuno arriva; che tiene il fuoco acceso e una pentola a bollire perché non si sa mai se qualcuno ha fame; che ha sempre lenzuola pulite perché non si sa mai se qualcuno ha sonno; la mamma che capi la casa quantu voli u patruni. Palermo, la grande madre”.
Così finisce la storia. La storia di una famiglia e di una città, che la Torregrossa ha saputo rendere attraente con il suo stile sobrio e accattivante. Qualche lungaggine di troppo forse nella discussione sulle vicende politiche del tempo, ma l’atmosfera del “Cortile Nostalgia” è resa con la consapevolezza di chi conosce alla perfezione luoghi e persone e concorda pienamente con Carlo Verdone quando afferma (film “La grande bellezza”) che “la nostalgia è l’unico svago che ci resta per chi è diffidente verso il futuro”.
Nel cortile palermitano sembra quasi prendere corpo una nostalgia palpabile, nostalgia per un amore mai sbocciato appieno, nostalgia per ciò che si poteva fare e non si è fatto, nostalgia per terre lontane, amici, amori perduti: la vita scorre velata di malinconia, ma il lumicino della speranza è sempre acceso.