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Scappare dalla guerra, e poi?
"Cosa facevo io mentre durava la Storia? Mi limitavo ad amare te." Izet Sarajli
La guerra in Bosnia, ed in particolare l’assedio di Sarajevo, fanno da sfondo a questo romanzo che ci racconta la storia ed il rapporto tra quattro ragazzini scappati da una Sarajevo nella quale risuonano le bombe.
Vivono tutti in un orfanotrofio e si decide di tentare di metterli in salvo facendoli scappare in Italia con un pullman che riesce superare tra non poche difficoltà tutti i controlli di sicurezza.
Tra questi bambini ci sono i due fratelli Sen e Omar, la cui madre li andava a trovare tutte le settimane e che Omar ricorda averlo incitato a scappare in occasione dello scoppio di una granata e che, da allora, è sparita. Omar non smetterà però mai di crederla ancora viva e di aspettarla.
Poi c’è Danilo, un ragazzo leggermente più grande affidato dalla famiglia al pullman nella speranza che si salvi almeno lui.
E infine Nada, niente, come dice il suo nome, con gli occhi azzurri e alla quale manca un dito di una mano. Orfana di entrambi i genitori, ha smesso di aspettarsi promesse mantenute dalla vita, una delle tante le viene fatta proprio da Danilo, durante il viaggio. Ha un fratello più grande, Ivo, che rimane in Bosnia per arruolarsi a combattere.
Tra i tre (Sen rimane sempre un po’ sullo sfondo) nasce un bel sentimento di amicizia, seppure diversamente declinato, che non si perde quando arriveranno nell’orfanotrofio in Italia.
La madre di Danilo verrà poi in Italia dalla Bosnia e lo porterà a vivere con lui, Sen e Omar verranno adottati. Nada, di carattere complesso, non troverà una famiglia disponibile ad adottarla. I protagonisti crescono e la storia procede con ciascuno di loro che seppur in modo diverso si porta dietro il suo passato.
E’ ben costruito narrativamente il diverso adattamento dei quattro (includendo anche Sen) alle vicende personali ed è proprio questa parte del racconto a mio parere ad indurci alla riflessione su quanto sia difficile coniugare il passato con il presente, gli affetti che non si vogliono abbandonare anche se non ci sono più e quelli nuovi che la vita ci offre. E anche quanto il passato incida sul presente.
Dobbiamo essere felici per forza o è un nostro diritto cercare chi ci ami come noi crediamo sia giusto?
E ancora: quanto un paese nuovo ed i suoi abitanti possono aiutarci a dimenticare il passato se noi vogliamo chiudere con la nostra storia una porta da non aprire mai più? O solo chi ha vissuto storie simili può davvero capirci e consentirci una giusta elaborazione del nostro tempo passato ed una serena accettazione del presente?
Le storie dei quattro protagonisti saranno alla fine tutte diverse. Il finale, che vuole riappacificare tutti pur in un nuovo equilibrio, mi ha lasciata insoddisfatta, forse mi attendevo una conclusione meno frettolosa, ma tant’è.
Ho inoltre trovato ben fatta la descrizione della famiglia adottiva di Sen e di Omar, così attaccata alla religione da renderla totalizzante, anche a scapito di chinarsi ad ascoltare le necessità dei figli che hanno adottato. Triste realtà purtroppo.
Il romanzo si inserisce nel solco delle riflessioni su adulti e bambini scappati dalle guerre, non è né il primo né, credo, sarà l’ultimo. Già allo Strega del 2022 l’argomento era rappresentato. Questo “Mi limitavo ad amare te” non rimarrà negli annali della letteratura, è tuttavia di piacevole lettura.