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Affari di famiglia
 
Affari di famiglia 2023-04-02 16:45:21 cesare giardini
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    02 Aprile, 2023
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Un finto sequestro riuscito.

E’ il secondo romanzo di Francesco Muzzopappa, del 2014, e narra le tragicomiche vicende di una nobildonna torinese, la contessa Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna. La poverina, si fa per dire, ha conosciuto ben altri splendori nella sua vita, giunta ormai intorno al settantesimo anno: la dimora sta decadendo, il marito è morto in un evitabile incidente d’auto, la servitù si è ridotta ad un solo fedelissimo maggiordomo, Orlando, l’unico figlio, Emanuele, è un perfetto cretino che sperpera soldi e non sa fare nulla. Per di più, se la fa con una ballerina bionda e procace, avida di denaro, alla quale ha scioccamente donato l’unico inestimabile gioiello di famiglia, il diamante Koh-I-Noor, conservato gelosamente dalla madre come unica risorsa. La bionda è tinta, purtroppo, commenta la contessa: una bionda autentica può anche essere stupida, ma una bionda tinta “sa essere letale”. Una chiamata dalla banca preoccupa la contessa: l’ha chiamata Anna, che segue le vicende del casato e la informa sulla situazione disastrosa del patrimonio, solo il rientro del famoso diamante potrebbe riequilibrare le sorti. Ed ecco l’imprevisto: una rapina, tutti a terra, la malcapitata contessa si ritrova strattonata da un rapinatore, trascinata in macchina, una sgommata e via. Qui inizia il bello: la contessa non si spaventa, architetta un piano per trasformare il rapimento in un finto sequestro, con tutte le conseguenze più comiche che tragiche del caso. Tutto è bene quello che finisce bene, basti dire che il casato alla fine rifiorisce e che al bravo e paziente Orlando si affiancano due nuovi dipendenti, pescati dove nessuno l’avrebbe immaginato.
Francesco Muzzopappa è come detto al suo secondo romanzo: predomina il lato burlesco della storia, un occhio ad Achille Campanile ed una complicità più intensa con Wodehouse, per una narrazione vivace, brillante, con spunti e ricordi, alternati al presente, di una vita trascorsa tra agi e preoccupazioni.
Interessante l’intervista all’autore alla fine del romanzo: tra gli autori preferiti cita Campanile, mentre il suo scrittore umoristico preferito è Wodehouse. Afferma anche giustamente che il genere umoristico è preso sul serio solo da cinema e TV, mentre in letteratura è considerato un genere minore: il senso dell’umorismo si può però coltivare, basta “scendere dal piedistallo” !
E, aggiunge l’autore, “imparare a non prendersi troppo sul serio”.

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