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Sono solo ragazzi...
Claudia e Valerio sono due amici che vivono, in un piccolo paese di provincia, a Martina Franca in Puglia. La loro turbolenta adolescenza viene ulteriormente sconvolta da una sorta di scandalo familiare, poiché la madre di Valerio diventa l'amante del padre di Claudia.
Claudia che per il padre ha un amore sviscerato, si avvicina a Valerio che, frequenta il suo stesso liceo, soprattutto per conoscere la donna di cui il padre si è innamorato e che le ha tolto quell'attenzione di cui aveva bisogno. Indagando insieme su questo amore, i due ragazzi diventano inseparabili e in particolare Valerio si sente irrimediabilmente attratto da Claudia. Dopo la maturità Claudia capisce che la vita in paese le sta stretta, che la soffoca e decide di spostarsi a Milano per lavorare. Valerio invece apre una piccola attività in paese, un agenzia immobiliare che gli dà soddisfazione a livello economico, fino a quando la criminalità locale non ci mette gli occhi sopra.
I due amici sono sempre in contatto, e Valerio è sempre attratto da Claudia e dal suo modo di vivere fuori dagli schemi, specie quando da Milano, per aver perduto il lavoro, si trasferisce a Berlino. Ed è a questo punto che decide di raggiungerla, e così chiude il suo negozio e parte per Berlino.
Il romanzo, più che di formazione è proprio uno spaccato generazionale (Per buona parte infatti l'ho sentito così distante da pensare di abbandonarlo) e più che una semplice storia di un'amicizia, racconta un dato di fatto: lo spaesamento (se non addirittura sbandamento) dei giovani d'oggi ; narra la mancanza di valori, di ideali, di sogni, e di punti di riferimento. La nostra società non gli permette di realizzarsi e definirsi, perché ancora troppo gretta e provinciale, perché non offre lavoro e quindi stabilità. E i giovani cercano di vivere la loro vita altrove, in qualunque altro luogo, tranne questo; Un posto che gli permetta di essere veramente se stessi, liberi dagli schemi e dalle convenzioni che impediscono quelle esperienze che formano il carattere e fanno crescere e diventare adulti.
Desiati, vincitore del premio Strega, si muove molto bene con una scrittura semplice e fluida, mai banale, cita spesso brani di letteratura e musica dando espressione anche al suo patrimonio culturale. Ma soprattutto sa di cosa parla, perché si intuisce che questo senso di sbandamento lo conosce molto bene
"Spatriato è il participio passato del verbo spatriare, che sta per andar via o, come dice la Treccani, cacciare dalla patria. In alcuni dialetti meridionali, tra cui il martinese, ha altre sfumature, come incerto, disorientato, ramingo, stordito, senza arte né parte, in alcuni casi persino orfano: patria deriva dal latino e significa terra dei padri, dunque lo spatriato può anche essere chi è rimasto senza padre, o chi non l'ha mai avuto."
Il romanzo sembra continuamente preannunciare un risvolto drammatico, fino alla fine, ma proprio il finale ci spiazza e ci regala un filo di speranza inaspettato: entrambi i protagonisti troveranno alla fine il loro posto, qui o altrove non ha importanza, l'importante è conoscere se stessi e capire dove si vuole andare, da li in poi la strada sarà più facile.
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