Dettagli Recensione
Vero o presunto?
….” Eppure come si fa a riconciliarsi con qualcosa o con qualcuno se i propri ricordi sono sfumati, se mutano nell’ atto stesso di formarsi?”… “ Una storia è un concetto ambiguo. Per me scrivere è essenzialmente questo. Scrivo cose ambigue e frustranti”…
“ Niente di vero “ di Veronica Raimo, è un lungo monologo razionale ed emozionale che attraversa una memoria sbiadita, ondivaga, camaleontica, un soffio gelido di una donna irrisolta che parla a se’ di se’, tra incertezza, insoddisfazione, ambiguità.
L’ autrice risale all’ infanzia per riproporre una sofferenza sospesa, sensazioni vivide, assenze protratte, presenze inquietanti, domande inevase, una precoce idea di fuga in un microcosmo gravoso e intollerabile.
Una famiglia da sempre luogo inappropriato, teatro di una recita consolidata, sempre quella, parole, suoni, voci, un cordone ombelicale impietoso e mai spezzato, presenza ossessiva, la protagonista cosparsa di un umorismo gelido e di un sarcasmo che la obbliga a dissimulare.
La vita di Veronica è stata una madre esageratamente apprensiva che le telefonava a tutte le ore e un padre sottilmente paranoico, vissuta all’ ombra di un fratello esageratamente brillante, debilitata da uno specchio che le rimandava spezzoni di vite altrui mentre ignorava la sua, un desiderio di visibilità in una routine domestica rivolta altrove .
Noia, educazione ferrea, poche attenzioni, tanto controllo, come sfuggire a una madre …”perennemente depressa che ascolta continuamente radio 3 “…e a ..”un uomo collerico che costruisce muri dentro casa”…?
Quale educazione sentimentale in un’ infanzia di reclusione e di isolamento, letture noiose, nessun futuro, quali sogni e desideri, laddove tutto è …”dopato dalla noia, persino il proprio corpo”…?
Che cosa generano invisibilità e solitudine affettiva, che cosa rivela la scrittura se non il vissuto dentro?
L’autrice si spinge tra vero e presunto, critica e autocritica, consapevole della propria incompletezza e fragilità, vive uno stato di nausea, la sua scrittura esplora un copione cangiante, parole ricoperte di ambiguità, una versione che agli occhi altrui pare diversa, in uno stato di adattamento, un tentativo fallimentare di evasione dalle mura domestiche per non morire dentro.
Immagini indelebili, il ricordo di una madre a letto con l’ emicrania e la bandana in testa piena di figlie surrogate, un padre collerico che urla in continuazione e continua a disinfettare la figlia dalla testa ai piedi, una bambina con un brutto carattere, secca, taciturna, depressa, una futura donna senza seno, un nonno amabile con cui trascorrere tanto tempo, una nonna piena di omissis per la quale provare un affetto mai nato, la convivenza con un fotografo nella reciproca disabilità visiva.
Gli angoli bui della propria infanzia riveleranno una ragazza e una donna con un brutto carattere in una terra di mezzo, sospesa tra l’ abbandonate e il riprendere, che continua a cambiare casa e vive bene in quelle degli altri, che la notte fatica a dormire, affetta da una collera ancestrale, priva del senso di coppia e del desiderio di maternità, che non chiama per nome i propri amori, con una scarsa autostima, sopraffatta dai sensi di colpa.
L’esito sarà un aborto in età tardiva e la rinuncia a ciò che avrebbe reso diverso il presente: ..” diventare quello che fingeva di essere, accettare”…. …” di allungare la mano e tagliare i ponti con la famiglia”…, …” partire per un posto qualunque, restare sulla strada, sparire”….
“ Niente di vero “ è un romanzo famigliare e personale in un ambito in cui ..” ognuno ha modo di sabotare la famiglia per tornaconto personale”… dove si è sempre manipolata la verità, in cui la scrittura attraversa una rappresentazione poco gratificante, non imprescindibile ed è definita ambigua e frustrante.
Assistiamo a un ritratto spietato e irrisolto in un microcosmo anomalo e delirante, una donna che non è riuscita a evadere e a riscattarsi dal passato, ma non è certo che abbia voluto farlo, che si conosce perfettamente, con una fragilità risoluta dentro la quale nascondersi e rivelarsi.
L’esito è l’ennesimo romanzo italiano che si dibatte tra vero e presunto, privo di solidità narrativa e di forza espressiva, di una narrazione credibile e realmente profonda, insomma di maturità letteraria, oltre quel solco di parole ammalianti e fini a se stesse che nascondono un oceano di fragilità e inconcludenza, una trama che si contorce e si bea di un senso insensato con poco di …ambiguo e frustrante…, se non per il lettore medesimo…
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Da come l'hai descritto, parrebbe un libro interessante, ma dalle ultime righe e dalle stellette attribuite non è stata una lettura apprezzata.
M'incuriosisce che sia un testo che accumula pareri essenzialmente non positivi, e intanto continua a esser letto, a vendere copie.