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Forza Tripolina che non è altro che una firmetta!
Ispirato a un personaggio vero e a un caseggiato realmente esistente, “Cosa è mai una firmetta” è una commedia degli equivoci che trasporta il lettore in quel di Bellano, luogo consono e amato dal romanziere. Protagonista di queste pagine è non solo il caseggiato stesso ma anche Augusto Prinivelli, venticinquenne, di bell’aspetto, giovane, perito industriale e impiegato in un’azienda in quel di Lecco specializzata in minuterie metalliche di proprietà di Bazzi Vinicio.
L’occhio della figlia di Bazzi, Birce, cade sul giovane e su quel che c’è dietro al giovane. Perché costui, orfano di entrambi i genitori, è stato cresciuto dalla zia Tripolina che ha un caseggiato – quello di cui in oggetto. Ogni mese è Augusto a riscuotere per la zia lo stipendio e al tempo stesso questo le consente di vivere dignitosamente. Nel caseggiato sono presenti cinque inquilini e un bar al piano terra. Birce, insieme alla famiglia, pensa in grande, circuisce il giovane e ben punta al caseggiato che potrebbe essere investito in qualcosa di molto ma molto più redditizio. Un investimento sicuro per un futuro prospero e in grande, non certo un luogo dove far vivere qualche buzzurro.
Non serve molto, basta una firmetta su qualche carta, una donazione al nipote, et voilà! Les jeux son fait!
O almeno così pensano e sperano. Perché la buona, vecchia e cara Tripolina ha intenzioni ben diverse. Eh sì, perché la cara signora ha deciso che è il momento di ritararsi a vita riparata e di congedarsi presso un ricovero diretto da suore. Da qui la necessità della cessione del caseggiato alle stesse e l’auspicio della tranquillità. La famiglia Bazzi non è minimamente d’accordo con la decisione dell’anziana e sprona e spinge e pressa il giovane Augusto affinché la convinca a non cedere e soprattutto a muoversi il più rapidamente possibile perché i tempi per agire sono stretti.
Cosa accadrà? Augusto riuscirà a farle apporre quella fatidica firmetta? Tripolina cederà alle pretese del nipote o porterà a termine il suo proposito di cessione alle religiose? Il finale non mancherà di sorprendere in perfetta chiave Andrea Vitali.
Ed infatti, a una trama rapida e fluida, ben si sommano personaggi molteplici e camaleontici, caratterizzati da mille e mille particolarità che vengono approfondite e descritte passando per gli inquilini e sino ad arrivare alle voci prevalenti e alle circostanze che si susseguono rapide. Se da un lato vi è Perbuini Lisetta amante dei gatti randagi ma povera in canna, dall’altro vi è Corti Sigismondo con quella figlia sempre occupata al bagno. E tanti, tanti, tanti altri ancora.
Il lettore dal suo canto è trattenuto tra le pagine, è incuriosito ed affascinato. La prosa è avvalorata dalle tipiche espressioni gergali che non mancano mai nelle opere di Vitali, seppur talvolta in modo maggiore e minore, e questo rende i volti ancora più vividi e concreti.
Il risultato finale è quello di un gradevolissimo romanzo d’evasione, piacevole, capace di donare ore liete ma anche di insegnare perché la vita ha sempre un suo perché e vale sempre la pena di essere vissuta, anche quando le circostanze possono portarci a pensare diversamente, anche quando pensiamo che al peggio non ci sia mai fine, anche quando non crediamo più nel futuro e in quel che di noi potrebbe essere. Un romanzo quindi leggero ma con una sua morale di fondo che si esprime in un messaggio sottile e sotteso.
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