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Oramai
In inglese non esiste una parola con lo stesso significato, per questo il nonno di origine Italiana immigrato in USA, utilizza “oramai” per descrivere il carattere ineluttabile di alcune cose. L’oramai si inserisce nella lingua del luogo per descrivere un oggetto inutilizzabile, una stagione che termina, un giocattolo irrimediabilmente rotto o qualsiasi cosa la cui perdita è inevitabile.
E Oramai è la parola chiave del romanzo, utilizzata ancora dai nipoti, un palliativo più che mai necessario alla storia che Lorenza Pieri racconta. L’oramai si respira in tutto il romanzo, e sembra proprio tutto perduto, che sia questo un oggetto o la memoria della madre malata di Alzheimer o la casa dell’infanzia.
Non amo svelare troppo nelle mie imperfette dilettantistiche recensioni perché mi sembra di togliere il gusto della lettura, preferisco raccontare le mie sensazioni e le mie emozioni. I protagonisti della storia sono due fratelli e una sorella, ed è sorprendente come l’autrice riesca a decifrare quel legame così intimo, indissolubile e conflittuale che esiste solo nella fratellanza, (eh già, in italiano nella lingua parlata, non esiste un termine che includa i generi) quel conoscersi così bene tra fratelli, da prevederne le reazioni, e anche quel lessico famigliare già descritto mirabilmente dalla Ginzburg trova spazio nel racconto.
Con la stessa precisione affronta un tema attualissimo: come viene percepito il cambiamento climatico da noi comuni mortali che abbiamo la sventura di attraversarlo? Si, perché i fatti da lì nascono, l’erosione è quella di un luogo, c’è una spiaggia, una casa di vacanza costruita dal nonno sulla costa atlantica in tempi non sospetti, ed è l’avvicendarsi dei fenomeni atmosferici, sempre più catastrofici e frequenti che costringe i fratelli a lasciarla quella casa, con la sua mole di ricordi e di oggetti. È il momento di salutare per sempre la casa sull’oceano e Anna decide di ritualizzare quel momento coinvolgendo i fratelli, un rito da cui si dipana tutto il racconto.
E il racconto è dolce e a tre voci (dolce persino nella malcelata rabbia da impotenza) Anna, Jeoff e Bruno, attraverso i sedimenti degli oggetti ritrovati ripercorrono parte delle loro vite, dei loro amori adolescenziali, dei loro lutti e delle loro liti.
Aggiungo questo libro a una lista che ho negli anni sempre aggiornato, una lista di piccoli preziosi libri che posso regalare alle persone a cui tengo, non ultime le mie sorelle e i miei fratelli Se dovessi riporlo accanto a autori affini, lo metterei tra Elizabeth Strout e Kent Haruf
“Poi abbracciò Bruno. Gli disse: Grazie. Grazie di tutto, anche per aver dato di matto proprio adesso. Lo dico sempre, la pazzia ci salva dall’essere degli stronzi. La pazzia ci salva la vita.”
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