Dettagli Recensione
Il sentirsi “fuori luogo sempre
«Perché non abbiamo fatto così anche noi, Pietro? Perché non li abbiamo lasciati entrare a sfasciare tutto, a prendersi la loro vendetta? Perché non ci siamo uniti alla loro rabbia e al loro dolore? Quel giorno abbiamo perso tutto anche noi.»
Pietro Benati non aspetta altro che scomparire. Nel suo appartamento di Pisa tra quadri e strumenti musicali che si affacciano sulla Torre pendente, attende. Attende che la maledizione faccia il suo corso, che come ogni uomo della sua famiglia anche lui che è un codardo pauroso di prima categoria scompaia. Il primo fu il nonno, disperso durante la guerra in Etiopia, poi fu la volta del padre Berto nel 1988 che scommettitore per definizione torna a casa senza il mignolo della mano destra dopo un mese di assenza. Eppure non è Pietro, alla fine, a scomparire, quanto suo fratello maggiore Tommaso, la promessa del calcio nonché genio dei numeri e del calcolo matematico. E per Pietro la vita sempre quella è: un fallimento. Un fallimento fatto di una madre ipocondriaca, di un successo musicale che non arriva, di un padre che non riesce a tenere lontano, di una università che non riesce a portare avanti. Ma come sempre accade è l’incontro che può cambiare la vita. Nel suo caso con Laurent, gigolò amante delle nuotate notturne e di non indifferenti quantità d’alcol, e Dora, appassionata di film horror con un dolore diametralmente opposto al suo.
Un romanzo, Randagi, che parte dal raccontarci quindi la vita di questo giovane infelice ma che non è solo la storia della sua vita quanto la storia di una generazione, quella a cavallo fra la Generazione X e la Generazione Y, i Millennial. Ed è per tramite della loro voce che la storia si sviluppa riportandoci ai primi anni Novanta sino ai primi anni Duemila. La forma che assume lo scritto è dunque formativo-generazionale, è uno scritto di formazione che ci mette in evidenza tanto i sogni e i progetti quanto anche le aspettative e il bisogno di evadere, emergere ed affermarsi per quel che si è sino a rimarcare il proprio posto nel mondo.
Temi multi-variegati che toccano anche i legami familiari, l’esistere, l’essere, il vivere. Da qui ha inizio un percorso di crescita e maturità del personaggio che si rende sempre più persona, tra paure e debolezze ma anche protagonista di quel gioco d’incastri che è la vita.
Come in “La straniera” della Durastanti e “Spatriati” di Desiati anche in “Randagi” non manca una componente di autofiction che risulta però essere più mitigata e dunque meno incisiva tanto che sia per gli avvenimenti che per la ricostruzione, lo scritto viene percepito sempre più quale lontano alla fiction e vicino alla realtà. C’è la componente della finzione, c’è chiaramente il mix tra vero e non vero, ma l’essenza del romanzo prevale perché tra i tanti intenti di Amerighi vi quello di cercare di dare una spiegazione a uno dei più grandi misteri della vita: cosa vuol dire diventare adulti.