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Frammenti di solitudini….
La famiglia, da sempre oggetto di dibattiti e dissertazioni, indagini psicologiche e sociologiche su base storica, creazioni letterarie, culla di misteri irrisolti e distanze incolmabili, per qualcuno semplice convenzione sociale, per altri origine di ogni male, epicentro di amore, comunanza e condivisione ma anche di odio, ingiustizie, segreti, ricatti affettivi.
Quale valore oggi, di certo questo romanzo di Claudio Coletta, che si avvale di una scrittura asciutta, diretta, lineare, si addentra in un tema difficile e controverso, per non dire insondabile, la ricerca di un senso all’ interno di una disgregazione famigliare accettata ma non condivisa, scoperchiata da un lutto improvviso che riporta a misteri e ricordi di un’ infanzia monca e tortuosa.
La fine di una vita, tre fratelli doverosamente riuniti di fronte alla salma paterna, nessun preavviso, emozione, il fatto compiuto, il presente ricoperto di silenzio, attesa, indifferenza, vite naufragate, il desiderio e la necessità di essere altrove.
Alessandro, il primogenito, non si è mai sentito amato, un ingegnere trapiantato al nord che in una sola giornata ha perso la moglie Carla, il lavoro, il proprio padre, un matrimonio frantumato da assenze e tradimenti, desideri infranti in un senso di grandezza dissolto.
Silvia, la figlia di mezzo, è sola e innamorata del proprio lavoro, il mistero di un antico affresco da lei attribuito a un grande maestro le rievoca l’ assenza dell’ amore materno, una vita frammentata e controversa con una figlia da non lasciare sola, il senso di colpa per non avere assistito alla morte del padre, perché ….” una figlia deve esserci, fino alla fine “….
Gabriele, il più piccolo, fragile e sbagliato, un cocainomane naufragato nella propria dipendenza e nel disastro economico conseguente, che sa di avere sempre deluso il padre, anche oggi, abbandonandolo di fronte alla morte, ma anche l’ unico ad averlo sopportato, a non essere partito, ad essergli stato vicino fino alla fine. Avrebbe tante domande da porgli, consapevole di avere desiderato che smettesse di soffocargli la vita con la sua presenza, che arrivasse questo momento, e allora come giustificare il senso di vuoto che vive dentro?
Vite soffocate da obblighi, rimpianti, ansia, dolore, indifferenza, risposte negate, un peso dentro e un tarlo, quella figura materna prematuramente scomparsa e che improvvisamente ritorna, come un quadro eroso dal tempo da riportare allo splendore primario, una giovane donna prematuramente sottratta alla quiete domestica, partita per non fare ritorno, dissolta nella nebbia di una presunta malattia tra lettere della memoria, una melodia dolce e malinconica, fotografie che testimonino altro,
Inizia un percorso della memoria, come sono potuti naufragare i legami fraterni, semplici circostanze, incomprensioni, differenze incolmabili, vite altrove.
La seconda parte del romanzo vive la necessità del presente nella scia del tempo perduto, declinando l’ introspezione e l’indagine psicologica a favore della trama, una suspance che esige una soluzione e un senso, l’ idea di un amore negato, di una sofferenza protratta, l’ impossibilità di una vita in un ambito famigliare siffatto, quello che pare non è come sembra.
E allora si svela una verità acclarata, una soluzione necessaria che rigetta la complessità del tema iniziale, privando il romanzo delle premesse e delle profondità auspicate. I personaggi navigano in un limbo di solitudine, le loro vite paiono disperse, sole, abbandonate, scollate, porzioni di sofferenza individuale.
Un’ assoluzione a metà, altro dolore, l’ impossibilità di risposte tardive, una rapporto ritrovato, uno possibile negato per sempre, la conferma di un amore, un segreto necessario e solo in parte condiviso, il mistero dell’ esistere, inafferrabile e imprevedibile…