Dettagli Recensione
“Non lo so. Tu sei tu.”
Potrei banalmente definire questo libro una grande storia di amicizia. O perché no di acquisita fratellanza. E non è sempre e comunque una grande storia d’amore?
L’autrice deliberatamente inizia il romanzo con ciò che in genere viene rivelato alla fine, e ciò mi ha stupita. Non ho apprezzato sapere da subito come la storia andasse a finire, forse perché ho ingenuamente sperato che i fatti narrati cambiassero rotta per volgere al bello. Non è stato questo a togliere bellezza a questo racconto. E’ che non mi sono affezionata alle sue pagine.
L’elemento più coinvolgente e sorprendente è la famiglia. Il modo in cui accoglie e sa dare fiducia. Viene raccontato con grande naturalezza, come se fosse una ovvietà.
La lettura mi suscita sentimenti di rabbia misti a impotenza, come se tra i protagonisti ci fossi anche io. Incomprensibile, è ciò che penso.
Il finale così ovvio e così evitabile, che l’autrice ha immaginato, addirittura ce lo anticipa come prima notizia.
Alfredo e Beatrice, Beatrice e Alfredo…scandiscono il giorno e anche la notte.
Lei e i suoi otto anni quando si conoscono. Due genitori che si ammazzano di lavoro. E un altro genitore invece che di mazzate uccide i propri figli.
E’ davvero impossibile non schierarsi.
Una vita poverissima in una casa occupata, come la maggior parte delle case nel quartiere “La Fortezza”. Una fraterna condivisione degli spazi e dei sentimenti.
Io credo nei legami più forti dei legami di sangue, in quelli così forti che stesso sangue o no non ha importanza perché tanto, è come se lo fosse, ci credo perché lo vivo ogni giorno, ogni momento. So che esiste. E’così per questi due ragazzi, additati come “i gemelli”. Si sono contaminati a vicenda.
“Ancora non lo sapevamo ma tra noi sarebbe andata sempre così. Col tempo ce ne saremmo resi conto. Non ci saremmo capiti mai.”
I fatti narrati risalgono al 1976. Proseguono poi per tutti gli anni ottanta.
Non so dire se sia più una storia d’amore o di amicizia, di rabbia o di frustrazione, di degrado o di abbandono, di fratellanza o di accoglienza, ma poco importa.
“Un giorno gli spiegherò perché il ragazzo in quella foto non guardava l’obiettivo.”
E’ una lettura che scorre veloce, ma mi è mancata quella piacevolezza che ricerco sempre quando mi abbandono alla lettura. E questo, forse, influenza il mio giudizio non del tutto positivo. Non perché cerchi a tutti i costi storie con il lieto fine. C’è un elemento che mi sfugge, una nota stonata che non ho saputo tenere da parte.
Buone prossime letture