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La montagna come metafora di vita
Le montagne come metafora di vita. Le montagne come luogo di incontri. Le montagne come entità che racchiudono segreti e ricordi. Le montagne che donano tanto, ma prendono altrettanto in cambio.
Il libro di Cognetti racconta di sentimenti, principalmente di nostalgia, rimpianti, scelte di vita.
La storia è narrata magistralmente in prima persona (stile che di solito non mi entusiasma e che invece qui ha dato sicuramente più profondità ai personaggi) da Pietro, un bambino e poi un uomo che dalla caotica Milano ha conosciuto la montagna. E con essa Bruno.
Pietro e Bruno non potrebbero essere più diversi, eppure tra loro si instaura un’amicizia che va al di là della lontananza geografica e temporale. L’uno viaggia, si sposta da Milano a Torino, dai monti valdostani all’Himalaya. L’altro non si schioda da Grana e dal monte Grenon, è attaccato a quel posto e non ha alcuna curiosità di vedere altro nella vita.
Pietro visita le otto montagne, Bruno resta nel monte primordiale.
Chi dei due sta meglio? Chi dei due ha ottenuto di più dalla vita?
Cognetti descrive le loro vite e quelle dei loro familiari così bene da renderli reali. Sono persone complesse (come tutti noi, d’altronde) che cercano ognuno a loro modo di relazionarsi con gli altri. Pietro, di cui conosciamo i pensieri, racconta il suo rapporto con la madre, quello più complicato col padre, le difficoltà che ha a confidarsi e di far confidare Bruno e, allo stesso tempo, il piacere della presenza dell’amico, senza necessariamente dover esternare i propri sentimenti. Bruno e la montagna sono un punto fisso, un posto a cui tornare, qualcosa che il padre di Pietro ha messo in piedi per lui.
Ma la vera protagonista è proprio lei: la montagna. D’estate, con gli alberi infoltiti, i torrenti, i sentieri e i rifugi per gli escursionisti, il profumo del legno, il risciacquo dei ruscelli abitati dalle trote. E poi d’inverno, con la neve, le ciaspole, gli sciatori, le slavine, il ghiaccio che invetra le rocce e ricopre i laghi, il freddo e i focolai davanti ai quali si beve la grappa.
Mi sembrava di essere lì, affianco a Pietro, a percepire l’ambiente montano e il suo stato d’animo. Ho partecipato alla sua nostalgia di casa, alla sua voglia di fuggire, al rimpianto di affetti perduti.
Quello di Cognetti è un libro intenso ed emozionante che trasporta il lettore ad alta quota.
Lo apprezzerete se non siete mai stati in montagna. Lo apprezzerete ancora di più se ci siete stati.
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E' un titolo che ho in lista da parecchio.