Dettagli Recensione
Il proprio posto nel mondo
Una donna senza nome e di età indefinita in fuga da non si sa cosa di specifico si rifugia in montagna in un luogo senza una precisa collocazione geografica vera o immaginaria, già in questa indeterminazione del tutto sta una caratteristica importante di questo racconto.
Si, racconto mi sembra la definizione più giusta perchè non ci sono dialoghi ma solo un fluire di immagini, fatti e sensazioni nelle quali la natura è la protagonista incontrastata.
La donna ha deciso di lasciare la città e di ritornare ad una vecchia casa di montagna dove veniva da piccola con i genitori, attorno a lei la natura in tutte le sue forme: i prati, la montagna, il lago, gli animali del bosco e una serie di personaggi anch'essi senza nome : la guaritrice, la donna rossa, la benefattrice, lo straniero.
La donna è una persona alla ricerca di se , di un rapporto più vero e profondo con quanto la circonda, è in fuga forse dalle responsabilità di un quotidiano fatto di appuntamenti quasi fissi, e di eventi che l'hanno in qualche modo segnata, cerca un luogo con cui sentirsi in armonia completamente.
Lo straniero è un uomo fatto di silenzi, piccole assenze, cose non dette, un'altro personaggio in fuga da qualcosa che sta cercando faticosamente e silenziosamente di ritagliarsi un suo spazio altrove con il desiderio di ristrutturare un vecchio rifugio e l'idea di proteggerlo da un lato spoglio della montagna piantando su tutta quella parete degli alberi.
C'è molto lirismo nel racconto di Marone, tanta natura descritta nei suoi aspetti più intimistici quasi a sentirne i rumori e gli odori ma anche nei suoi aspetti più brutali perchè la natura, se non rispettata, può essere terribile e fare vittime innocenti.
Toccata duramente ma non travolta da uno di questi infausti eventi la donna continua a trovare un motivo per andare avanti , mettendo in atto il progetto di rimboscamento dello straniero nonostante i propri limiti fisici "La stanchezza è la via più breve per trovare la pace, per tornare a sé", il tutto circondata da altre anime silenziose e spezzate, inadatte alla ricerca della perfezione del mondo ma dolcissime figure di un microcosmo di affetti e gesti che in un contesto quasi primordiale sono puro amore per il prossimo in contrasto con la vita a cui siamo abituati "...perché quando infine troviamo il coraggio di porgere la mano, spesso non c’è più nessuno a prenderla".
E' un Marone diverso da quello conosciuto nei precedenti romanzi, la scrittura rimane assolutamente godibile ma forse un pò troppo ricercata, succede molto poco a livello di eventi,
quello che accade è dentro le persone, nel cuore della donna, nelle sue continue riflessioni evocate dalla natura che la circonda e legate a ricordi di un passato che via via che procede il racconto
sembra appartenere ad una persona sempre più adulta.
"non siamo mai soli al mondo, lo diventiamo se smettiamo di ascoltare e ci asserviamo alla fretta, il vizio capitale del nostro tempo,
se ci lasciamo sedurre dalla facile idea che la felicità sia qualcosa da ricercare, non qualcosa a cui prestare attenzione".
La donna sembrava avere un programma, la montagna doveva essere una tappa di passaggio per ritrovarsi e andare verso un riapprocciarsi in maniera più consapevole alla società e alla città, ma la vita
di lunghi mesi tra i boschi le fanno capire che forse aveva sempre confuso una parte del cammino con la meta.
"Stolti come falene, attendiamo la notte e teniamo chiuse le ali, perdendoci tutto il cielo che c’è."
E allora prendere una decisione potrebbe essere difficile, o forse no se ci si ascolta dentro senza l'interferenza di quello che crediamo di sapere ma in realtà non conosciamo così bene.
"Tutti quelli che negli anni mi hanno fatto sentire sbagliata e mi hanno tolto il sorriso hanno fallito, la mia meravigliosa condanna è pensare che il bello debba ancora venire.
Qualcuno mi darà della stupida, o dell’ingenua, ma tant’è, esco nei campi la mattina e mi dedico a fiorire, nonostante tutto, studio l’erba, scruto il Monte, chiedo alla lucertola e alla
farfalla sulla serenità. E non ho altro per la testa, non mi faccio prendere dal dopo, sto nel presente, finalmente, il balenio che arriva e passa non mi deve trovare impreparata."
Lento, come lo scorrere delle giornate immersi nella natura, è un racconto che va ascoltato, annusato, vissuto , parafrasando l'autore non è qualcosa che ti trascina ma qualcosa a che ti insegna a
prestare attenzione.