Dettagli Recensione
Incomunicabilità
Che Buzzati mi abbia conquistato con i Sessanta racconti e Il deserto dei tartari non è più un segreto ormai. È che mi ha sorpreso ancor di più con questo romanzo, un classico intramontabile che mi chiamava da tempo.
È una relazione sbilanciata quella tra Laide e Antonio: lei prostituta sfuggente, misteriosa e mai cristallina; lui succube, in perenne tensione per le sue assenze, la cerca ovunque accecato dalla gelosia e la attende con infinita e dolorosa pazienza, credendo agli imbrogli e alle fandonie che lei racconta.
Straordinari sono i monologhi interiori di Antonio Donego, in cui salta la punteggiatura perché i pensieri corrono veloci in un turbinio di parole inarrestabili, una cascata di immagini che marcano la sua ossessione bruciante, il suo pensiero fisso, la sua dolce-amara sofferenza, il suo sperare 'esasperato'.
"L' attesa" (come ne "Il deserto dei Tartari") è un elemento integrante del romanzo: è salvifica per Antonio, poiché lo allontana dal pensiero della morte, nonostante l'attesa di incontrare Laide, per infinite volte, sia straziante e sofferta. L' attendere è il motore che lo tiene in vita, la sua áncora di salvezza in una vita fatta di solitudine (come quella di Laide, del resto).
L' amore che prova per Laide lo allontana da quell' immagine di 'torre nera' che pare lo sovrasti nuovamente dopo due anni: sembra proprio che la vita (la nuova maternità di Laide) chiami la morte (ecco riapparire la torre nera e la sua ossessione per la donna pare svanire), e si chiuda così un ciclo vitale: ritorna il discorso metafisico, tema caro all'autore.