Dettagli Recensione
Una storia d'amore e di guerra
«Le pareva davvero che qualcosa fosse passato per sempre, portato via dal vento che soffiava nella piccola fotografia scompigliando i vestiti e i capelli.»
Probabilmente uno dei romanzi più travagliati e contestati di Carlo Cassola è “Fausto e Anna”, opera questa pubblicata per la prima volta nel 1952 – n. 8 della collezione dei “Gettoni” diretta da Elio Vittorini, grande talent scout – e da qui immediatamente contestata per quelle che furono interpretate come delle posizioni anti-partigiane e in particolar modo per quelle critiche poste in essere alla Resistenza che tra queste pagine viene presa in esame e analizzata non solo dal punto di vista esterno dell’osservatore ma anche interno del “chi ne ha fatto parte”. Innegabile è inoltre la componente autobiografica che segna queste pagine e che conduce chi legge alla scoperta di quella che è prima di tutto una storia d’amore. Soprattutto, questo, nella prima parte del componimento ove conosciamo i due protagonisti e in particolar modo il loro tormento d’amore. Ma chi è Fausto e chi è Anna?
La storia d’amore e di guerra che conosciamo si snoda nell’arco temporale di 15 anni e più precisamente va dal 1930 al 1945. Conosciamo in primo luogo Anna, la conosciamo in un contesto contadino e solo successivamente al suo ritorno in città (Volterra) riusciamo davvero a collocarla. È una giovane donna che ha dovuto interrompere gli studi magistrali, una donna che non si ritiene particolarmente istruita e che per questo non comprende l’interesse manifesto del giovane nei suoi confronti. Al contempo è ingenua ma scaltra, matura ma incosciente. Cambia umore, muta e mette alla prova la tempra dei suoi corteggiatori. Vi si sottrae, vi rifugge, vi cede. Fausto è invece un piccolo intellettuale borghese che vive a Roma insieme ai genitori, è un po’ alter ego di Cassola, e che viene a trovarsi in quel di Volterra. È in procinto di scegliere gli studi universitari con cui proseguire il suo percorso di studi, è combattuto tra il desiderio del padre che lo spinge a portare avanti il suo studio o ancora a frequentare una facoltà in ogni caso tra giurisprudenza e medicina, e il suo desiderio di iscriversi alla facoltà di lettere.
Ed è da qui che ha inizio l’attrazione. Per Anna il ragazzo rappresenta il mondo sconosciuto, per Fausto la giovane è freschezza, novità, espressione di un possibile venturo futuro. Ma “Fausto e Anna” non è solo questo. Suddiviso in due parti da cinque capitoli ciascuna, il romanzo soprattutto nella seconda parte lascia in parte le vicissitudini amorose, che restano ma si aggiungono come collocazione, su quelli che sono anche i fatti storici.
«A quella gente lì, gl’importa soltanto della gloria. Tutto per ambizione, l’ha fatto. Non mi raccontino storie.»
“Fausto e Anna” è stato più volte considerato come un “romanzetto d’appendice” e questo proprio per questa sua prima parte che non coinvolge, disincentiva la lettura, fatica a far appassionare essendo la narrazione scarna, poco empatica, molto schematica ma anche priva di fronzoli. Questo non favorisce nel coinvolgimento ma al contempo nemmeno nel trattenere. Tuttavia anche la seconda parte arriva e non arriva. Se ne comprende il senso, se ne comprende la ragione alla base ma è altrettanto percepibile un grande senso di squilibrio. “Fausto e Anna” è un romanzo pieno di vita e su questo non si discute, è un romanzo pieno di emozioni, ma è anche un titolo sbilanciato e questo gioca a suo sfavore in quella che poi va ad essere la valutazione finale, il vero e proprio lascito. Anche se la sfera più intimista lascia poi spazio a quello che è l’affresco storico, il lettore giunge sfiancato, quasi annoiato. Non manca la riflessione storica, la visione apologetica su quella che è stata la Resistenza vista nella sua integrità del “bene e del male”, del “giusto e dello sbagliato” e che poi nel complesso è il focus centrale dello scritto, la visione scettica e ipocrita relativa alla classe borghese ma non manca nemmeno quella sensazione di incompletezza e di qualcosa di sfuggente che ne permea le pagine. Un titolo da leggere per completezza personale ma non certo, purtroppo, il migliore di Cassola.