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Una fotografia fedele di un'Italia malata
Un romanzo che forse assomiglia di più ad un racconto, considerata la lunghezza di poco più di cento pagine, ma assolutamente poderoso, nel quale si racconta la storia di un’Italia anni ‘70 che forse non è poi tanto diversa dall’Italia di oggi. Il tutto narrato dall’occhio clinico (e cinico) del protagonista, un pittore alter ego di Sciascia che finisce casualmente in un albergo-eremo gestito da un sacerdote, tale don Gaetano, personaggio istrionico, pungente, colto, amante della filosofia, che non esita a definirsi cattivo (“La sopravvivenza, e, più che la sopravvivenza, il trionfo della Chiesa nei secoli, più si deve ai preti cattivi che ai buoni”).
Dentro a questa location, che per l’occasione ospita un ristretto gruppo di alti prelati, industriali e politici che si sono dati appuntamento per dedicarsi ad esercizi spirituali, Sciascia inserisce una componente gialla al racconto, narrando dell’assassinio avvenuto tra le mura della struttura, di alcuni di questi importanti esponenti. La potenza letteraria del romanzo si svela innanzitutto nel pretesto di questo raduno: la volontà di svolgere esercizi spirituali che nella realtà nasconde finalità differenti colte dall’occhio attento del pittore protagonista (“Mi assalì allora il pensiero, un po’ molesto un po’ ironico...avrei finito col fare davvero gli esercizi spirituali: e sarei stato il solo, poiché tutti quegli altri….erano del tutto alieni dal farli. ….Si sentivano in vacanza: ma una vacanza che permetteva di riannodare fruttuose relazioni, ordire trame di potere e di ricchezza…”). Quindi si sviluppa nella rappresentazione di una “triade” che sembra andare a braccetto, emblema del potere italiano in quel periodo storico: Chiesa, politica ed economia, sotto l’occhio vigile e quasi censorio di don Gaetano, il dominus del raduno che osserva attentamente dalla tavola del refettorio dove gli invitati si ritrovano dopo la conclusione degli esercizi spirituali. L’immagine che Sciascia ci offre è quella di un potere corrotto, decadente, che sembra sostenersi vicendevolmente attraverso lo scambio di favori, nel quale la Chiesa emerge come “entità” con il compito di tenere le fila, soggetto regolatore di un sistema malato che ne trae comunque giovamento. Così pare capirsi dalle parole di don Gaetano a proposito dei suoi ospiti (“Per quanto li disprezzi, al tempo stesso li amo”). Sciascia non si ferma a questo concetto ed estende la sua rappresentazione di un potere arrogante e incapace di trovare legittimazione attraverso il filone giallo, descrivendo l’inconcludenza del procuratore e del commissario di polizia nella conduzione dell’indagine finalizzata alla scoperta del colpevole proprio tra le fila dei partecipanti agli esercizi spirituali. Incapacità profonda, quella delle istituzioni alle quali è conferito il potere ispettivo, che trova piena evidenza nella presenza di una vittima illustre e sicuramente inaspettata.
Todo Modo è in definitiva un classico moderno trasudante la poetica di Sciascia, che anche a distanza di anni non ha perso smalto, considerato che certe raffigurazioni del potere malato e corrotto, sebbene ai nostri giorni forse non siano più così spudorate ed evidenti, continuano a essere assolutamente reali, operando solamente con maggiore discrezione.
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