Dettagli Recensione
La complicazione di Fausto, la semplicità di Anna
Avete bisogno di una bella narrazione dai toni letterari e non banale? Scegliete Carlo Cassola. Un consiglio partite da Fausto e Anna, prima di passare al ben più celebre La ragazza di Bube. Per buona pace dei neoavanguardisti che hanno “bollato” Cassola e Bassani, le narrazioni dello scrittore nato a Roma nel 1917 funzionano nella loro semplicità. Proprio la semplicità è il marchio di fabbrica dei due romanzi sopra menzionati. Cronologicamente si danno il cambio, proprio come due staffettisti: Fausto e Anna tratteggia meravigliosamente la società giovanile, e non solo, degli anni Trenta e poi accompagna il lettore nel periodo bellico; La ragazza di Bube, invece, racconta come rientrare nella società civile dopo aver combattuto durante la Resistenza sia stato un problema molto complesso e troppo spesso taciuto. Tra i due romanzi intercorrono otto anni (1952 il primo ma Cassola ci lavorò per dodici anni, a partire dal 1949 e anche dopo la prima pubblicazione; 1960 il secondo, che in un breve periodo divenne un vero e proprio bestseller). In entrambi i casi il contesto è quello toscano, un contesto ben conosciuto da Cassola che si è trasferito in Toscana proprio in prossimità dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Altro aspetto che caratterizza entrambe le opere è l’amore, sempre interconnesso con l’aspetto politico (più accentuato nel romanzo del 1960, ma evidente anche nella seconda parte di Fausto e Anna). Sarebbe sbagliato, a mio modo di vedere, ridurre al tema amoroso le due opere perché sanno andare profondamente oltre e, come detto, hanno la capacità di fotografare un’epoca. Un ultimo aspetto comune è la visione non tradizionale e a tutti i costi positiva della Resistenza partigiana. Cassola, infatti, abilmente riesce a porre l’accento su pregi e difetti della lotta lungo la linea Gotica. Non si nasconde e sottolinea alcuni misfatti fini a se stesso che la guerra ti induce a compiere che tu sia nero o rosso. E poi a rafforzare il tema politico ci sono riflessioni sulla storia del socialismo italiano (dice Baba, compagno di Fausto al fronte: «Mi fanno ridere questi giovani d’oggi. Per loro la storia del socialismo italiano comincia con Gramsci. Parlano di Turati come di una vecchia ciabatta. Certo Turati, Modigliani, Treves hanno la loro parte di responsabilità, ma credi tu che non abbiano fatto nulla per lo sviluppo del movimento?») e anche sulle gerarchie di rapporto tra i partigiani nella macchia e i comitati disseminati nei diversi paesi.
Entrando nello specifico di Fausto e Anna, delinea in modo limpido la vicenda Mario Luzi: «È il primo difficoltoso amore tra Fausto e Anna, il loro diverso destino, il loro perdersi e ritrovarsi e separarsi definitivo; e, intrecciato al loro destino, il destino di Miro, il giovane dai sani appetiti che sposerà Anna, e il destino di Nora, la gioviale, franca cugina di Anna. Il perno della vicenda è Anna e tutta si riduce a un incontro tra la volontaria complicazione di Fausto con la semplicità reale di Anna e di tutto ciò che la circonda». Anna si può racchiudere in queste parole di Cassola a inizio romanzo: «Ad Anna dispiaceva dar noia; dispiaceva soprattutto che la gente si occupasse di lei. Cercava sempre di passare inosservata». In tal senso la personalità di Anna è molto diversa rispetto a quella della Mara di Bube. È la classica piccolo-borghese di provincia. Più incostante è il protagonista maschile, che è accostabile per il suo modo di essere indecifrabile a un personaggio di qualche anno successivo, Giacomo, detto Mino, de La Romana di Alberto Moravia. A diciotto anni si sente un intellettuale, si estrania dal proprio ambiente piccolo-borghese di città. È poco motivata la sua scelta di aderire al movimento partigiano, dopo che per lungo tempo aveva osservato questi combattenti «senza curiosità». Con Fausto e Anna assistiamo a due parabole emblematiche per quegli anni: Cassola li accompagna dall’adolescenza all’età adulta attraverso esperienze esistenziali profondamente differenti. Il romanzo, del resto, racchiude uno spazio temporale lungo di anni, tra la prima giovinezza di Fausto e l’età piena.
I luoghi tra la Maremma, Volterra, San Ginesio, i monti sono, come detto, quelli cari a Cassola e torneranno chilometro in più, chilometro in meno ne La ragazza di Bube. Il ritmo è celere: domina il discorso diretto, le battute sono brevi e incisive; inoltre, abbondano le ellissi che donano parecchia velocità alla narrazione.
La prosa di Cassola è scorrente, con magre interruzioni. Tutto è nitido: dai paesi alla mole calva del Monte Capanne. Anche le figure sono uguali, nette, con finezza incise, con il proprio tono della voce. Un personaggio come Miro, ad esempio, ha poco tempo a disposizione ma resta nella memoria. Anche certe scene di guerra, come lo scontro con i tedeschi, sono limpide. Toccante e sconvolgente la pietà di quella «marionetta» caduta in quel gioco della guerra, in quel gioco spaventoso e mortale. Riflette Fausto: «No, quando correva era una marionetta. Noi vedevamo una marionetta, non potevamo pensare che fosse un uomo». Proprio per questo Fausto e Anna non può essere soltanto un romanzo d’amore.
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