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Scintilla
Scintilla. Uno sprazzo di luce improvviso e abbagliante. Un lampo che accende e che brucia per un istante per scomparire con altrettanta rapidità. Così Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, chiamava la sua Marietta, quella figlia prediletta, che gli aveva preso il cuore, i sensi e la ragione. Un amore rimasto faticosamente casto e dolorosamente vissuto fino alla morte.
Un monologo che è quasi una preghiera rivolta dal pittore al Signore, nel delirio che precede l’abbandono e la rinuncia alla vita, è l’incipit del bellissimo romanzo di Melania Mazzucco, “La lunga attesa dell’angelo”. Da qui lo scorrere fluido e sommesso dei ricordi di una vita dedicata all’arte, all’amore, agli affetti familiari. Da qui la narrazione di una Venezia del cinquecento con i suoi contrasti e le sue contraddizioni, bellissima nella sua architettura e nella sua arte, eppure ripugnante nella sporcizia dei luoghi più poveri, devastati dalla peste, illuminata dai colori vivaci dei dipinti di Tiziano e buia nelle notti peccaminose delle sue calli. Il personaggio del Tintoretto è descritto nei suoi momenti più difficili e in quelli più felici, con un approfondimento psicologico così accurato che ne svela i più intimi sentimenti, le ambizioni, i difetti, le colpe e gli egoismi, soprattutto in relazione a tutti i membri della sua numerosa famiglia. Ne deriva una personalità passionale e ambiziosa non priva tuttavia di sensi di colpa che gli impongono frequenti ripensamenti sui suoi più spregiudicati comportamenti.
La consapevolezza dell’avvicinarsi della morte non è il momento più tragico della sua vita. La perdita dell’amata Marietta, la cui immagine più toccante è quella rappresentata nel dipinto della presentazione della Vergine al Tempio, come “un inno alla bellezza, alla maternità, al destino delle donne”, lo aveva precipitato in una disperazione così profonda da attendere con ansia il momento in cui, l’angelo, o se vogliamo, la stessa Marietta venisse a prenderlo per condurlo con sé in una vita priva di affanni. Bellissimi i versi di Sylvia Plath che la Mazzucco cita proprio a conclusione del suo racconto:
“I miracoli avvengono,
se vogliamo chiamare miracoli quegli spasmodici
scherzi di radianza. Ricomincia l’attesa,
la lunga attesa dell’angelo,
di quella rara aleatoria discesa.” (Corvo nero in tempo piovoso)
Spasmodici scherzi di radianza, scintille, appunto, miracoli.
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