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La felicità degli altri
 
La felicità degli altri 2022-01-30 14:36:20 Mian88
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    30 Gennaio, 2022
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Ritrovarsi e ritrovare

«Dicono che ci sia un posto nel mondo per ciascuno di noi e a quello tendiamo senza sosta, anche se non si sa dove sia, anche se non abbiamo le coordinate per raggiungerlo e non ci sono mappe a indicarcelo.»

Torna in libreria Carmen Pellegrino con “La felicità degli altri”, La Nave di Teseo, altra opera di grande interesse a firma della studiosa. Lo scritto ha inizio partendo da un’infanzia che viene bruscamente negata, interrotta da quella che è una famiglia fatta di liti furibonde tra una madre nevrotica e un padre trasparente. Qui a vigere è l’ombra e “ciò che resta in ombra si abitua a non essere guardato”.
La conseguenza naturale di questa condizione è una solitudine profonda, una solitudine fatta di oscurità e voci e la cui protagonista è Clotilde detta Cloe. Non sappiamo che età abbia costei, sappiamo solo che all’età di dieci anni la sua vita è cambiata e si è ritrovata a vivere in una casa-famiglia. La donna, ancora, è reduce da un aborto e da un matrimonio che si è sgretolato sul nascere. Cloe è dunque alla ricerca delle sue coordinate e al tempo stesso è alla ricerca di quel vivere quotidiano che possa darle le certezze necessarie per vincere quel passato fatto di angosce e silenzi e congedarsi con il presente per aprirsi al nuovo futuro.
Cloe deve vedersela con le “anastilosi”, deve ricostruire. Partire dalle macerie, ritrovare le fondamenta, rendere solido il suo tronco. Trovare il suo punto fermo.
Da qui vengono ancora introdotti molteplici personaggi che sono ricostruiti con la forza delle parole e il tempo, un tempo che si dilata e contrae tra un presente e un tempo che è stato. E sono proprio i continui salti temporali che possono, alla lunga, un poco sfiancare o comunque rendere la lettura più difficoltosa, più lenta nel suo incedere.

«Per quante strade si percorrano, per quante se ne cambino, arriverà il momento di prendere per quella via che darà senso alle altre. E non importa dove e perché ti sei perso. C’è un varco da cercare, erto, nascosto oppure sconciamente evidente […]. Lo attraverserai e ti ritroverai là dove si ricrea qualcosa; senza accorgertene ti ritroverai in un nuovo inizio.»

“La felicità degli altri” è uno scritto da leggere un poco alla volta. Nuovamente Carmen Pellegrino porta i suoi lettori in una dimensione di forte introspezione e riflessione e vi riesce per mezzo di una storia forte che suscita empatia e comunanza. Si tratta di un titolo ancora intimo e intimista, uno scritto dove per prima cosa si ricerca il nostro sentirsi vivi.
Al tutto si somma una penna dai toni sognanti e talvolta evanescente finalizzato al meglio rendere la solitudine e la sofferenza che ne permea e colora le pagine. Lo stile, così come le riflessioni filosofiche ivi contenute e sottese, trattiene il lettore che, solleticato, è curioso di conoscere dell’epilogo. Anche quando la lettura perde di qualche battito a causa dei salti temporali.
Una riflessione intensa e profonda su una vita vissuta soltanto a metà.

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