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“La malerba cresce”
“Mia mamma avanti e io appresso. Per dentro ai vicoli dei Quartieri spagnoli mia mamma cammina veloce: ogni passo suo, due miei. … Mia mamma dice che cammino storto. Non è colpa mia. Sono le scarpe degli altri. Hanno la forma dei piedi che le hanno usate prima di me. …”
Un incipit che da solo vale tutta la lettura, tutto il non detto, tutto il raccontato insieme ai ricordi, agli odori, ai sapori, ai rumori, ai silenzi, alle sfumature.
Mi fa tenerezza assai la mamma di Amerigo, Antonietta Speranza.
Amerigo e la sua paura di restare solo e attaccarsi alle vesti. Il suo essere così protettivo.. Sette anni di ometto già cresciuto e tuttavia spaventato nel suo coraggio.
Il romanzo è bellissimo, andrebbe letto nelle scuole, condiviso. Ha un messaggio di grande pace. Un messaggio grande, che va oltre i singoli accadimenti, comunica una ricerca di serenità.
Mi ha notevolmente sorpreso, me lo aspettavo aspro, difficile da sopportare e invece non conto le volte in cui mi è affiorato un sorriso sulle labbra.
Sono completamente coinvolta e non so spiegarmi ciò che vorrei accadesse. In realtà non so cosa desidero accada. Mi sento Amerigo, Antonietta, Derna., i bambini, il treno... respiro ciascuno di loro.
“Non mi lasciare, le dico stringendola forte. Non ti lascio, risponde Derna. Io ci sarò sempre.”
La lettura mi ferisce perché comprendo la tua paura di sentirti un impostore, spinto dalla vita a vivere un’altra vita, ad essere felice senza la sua presenza, a crescere in un luogo lontano riuscendo anche ad essere felice e a diventare ciò che ami, spezzando legami.
Quelle voci nei vicoli che sono un rumore sempre uguale, fastidioso si, perché la musica non è mai cambiata.
La casa che è casa tua.
Una felicità di tanto tempo fa.
Noi che camminiamo in quella fredda mattina di novembre, tu avanti e io appresso a contare le scarpe della gente.
E io che leggo vedo lucidamente quel basso, il tavolo, le sedie, il cucinino, il bagno, il letto tutte le notti condiviso. Tu che fai la genovese con i tuoi movimenti così confortanti. Vedo la tua vergogna e sento e soffro per ciò che provi tu.
Non mi schiero, non vedo colpe, tutto è giusto e tutto è sbagliato, le situazioni si capiscono davvero solo quando si vivono e la strada da seguire diventa unica.
Lotto per allontanare quelle voci così familiari che risvegliano la mia memoria e poi sento la tua voce mamma.
Il tempo è passato ma è già tardi.
Un serbatoio di cose dimenticate.
Maddalena, riconoscerla dalla voce è un tuffo nel passato che diventa adesso.
“C’è molto tempo davanti a me, ma non ho fretta, il viaggio più lungo l’ho già fatto: ho dovuto percorrere la strada a ritroso fino a te, mamma.”
Piacere, Amerigo Speranza.
Buone prossime letture.