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I sentieri della storia
È il 1946, l’esperienza della guerra si agita ancora viva nella memoria di tutti, quando un Italo Calvino poco più che ventenne sceglie di scrivere un componimento sulla Resistenza, il suo primo romanzo. La strada maestra della storia brulica di materiale da raccontare: la lotta partigiana, la vita di clandestinità, le imboscate, gli schieramenti sociopolitici; come affrontare tutto questo senza farsi schiacciare dalla solennità dell’argomento e senza nulla concedere a retorica e facili sentimentalismi? Incamminandosi per un sentiero laterale, con gli occhi di un bambino allegro, spavaldo e dispettoso.
Pin ha dieci anni, è orfano, cresciuto con una sorella prostituta, vagabondando tra osterie e carruggi, sempre circondato da adulti. Sfacciato e impertinente, non sa fare altro che canzonare i grandi, ripetendo le loro storie di letti e di morte, cantando le loro canzoni da galera, scimmiottandone gesti e parole, senza nemmeno comprenderne il senso. In fondo, vorrebbe solo un amico con cui trotterellare per sentieri e a cui rivelare il prezioso segreto dei nidi di ragno, e invece si ritrova sempre solo, ai margini di piccoli e grandi.
Rubare una pistola tedesca e diventare partigiano non è per lui una scelta ideologica ma qualcosa che gli capita, per essere accettato in osteria e magari avere un giocattolo tutto suo da custodire. È così, attraverso una lente innocente e scanzonata che deforma la spietatezza della guerra, che ci viene restituito un racconto di Resistenza, di vita ma, soprattutto, di uomini. Uomini che, grazie all’immediatezza visiva e alla fantasia monella di Pin, assumono tratti quasi grotteschi, perché sono adulti che Pin non riesce davvero a capire, come impossibile è capire la guerra. I fascisti sono neri figuri con baffi da topo e berretti con teste da morto. I partigiani uomini barbuti e colorati con elmi, sombreri e le divise più disparate. La brigata del Dritto è un gruppo di tipi bislacchi e scalcagnati, uniti, ancorché confusamente, dal desiderio di un futuro migliore che li riscatti da un mondo di miseria e umiliazione. È solo il serio commissario Kim, nell’unico capitolo diverso per toni e contenuto, a farsi portatore di riflessioni ideologiche, nel tentativo di rispondere a quesiti senza tempo: cosa spinge l’uomo ad uccidere, chi sta combattendo e cosa si difende? Ma c’è un altro quesito in sospeso, per Pin e per ogni lettore, ci sarà infine qualcuno da poter chiamare amico, meritevole di custodire il segreto dei nidi di ragno?
“Domani sarà una grande battaglia. Kim è sereno. “A, bi, ci”, dirà. Continua a pensare: ti amo, Adriana. Questo, nient’altro che questo, è la storia”.
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Un caro saluto,
Manuela
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