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E lo chiamano amore
MENZOGNA E SORTILEGIO
di ELSA MORANTE (1948)
Opera prima della Morante, autrice di uno dei più bei romanzi che io abbia mai letto, “La storia”, “Menzogna e sortilegio” consiste di circa 700 pagine scritte in una lingua infinitamente sapiente, ma faticosissimo per me già dopo le prime 250-300 pagine perché estremamente povero di dialoghi (quindi è un infinito susseguirsi di frasi che raccontano cosa lui o lei fece, disse, pensò, sentì) e soprattutto perché non amo i romanzi rosa, per raffinati che possano essere, quale appunto questo, in cui però - a dire il vero - più che il rosa prevale il … viola? giacchè vi si raccontano gli amori sadici di uomini e donne prigionieri di una follia sempre uguale a se stessa al di fuori della quale il mondo, gli altri, non esistono (e la scrittrice non ne parla).
Si tratta infatti della storia, senza tempo e senza luogo - potrebbe essere la Palermo degli anni ‘20 o ‘30 come la Napoli borbonica del ‘700 - di alcuni personaggi tutti legati fra loro dal démone (a partire da un certo punto proprio nel senso di presenza fantasmatica) del bello, ricco e crudele Edoardo o “il Cugino”, che funge da motore della storia: 1. Anna, la cugina povera che lo ama in modo talmente esclusivo non solo da ignorare la sua bambina - la Elisa che, adulta, racconta -, ma anche da illudersi che siano vere le lettere da lei scritte a se stessa immedesimandosi in un Edoardo innamorato che nel frattempo è morto (!!); 2. Francesco, il giovane che sogna la giustizia sociale ma stravede per il ricco Edoardo come aveva stravisto, credendolo “un signore”, per colui di cui è il figlio naturale (Nicola Monaco: e stranamente Francesco Monaco si chiama il padre biologico di Elsa Morante e di altri due suoi fratelli), e che ama Anna dello stesso amore malato con cui Anna ama Edoardo; 3. Rosaria, la prostituta tutta “anema e ccore”, che ama Francesco nonostante questi la tratti da donnaccia e che dopo la morte di Francesco e di Anna adotta la piccola Elisa. Neanche sul versante dell’amore tra genitori e figli le cose vanno meglio: Elisa ama sua madre Anna, che non la ama, mentre detesta suo padre Francesco che la ama, e morbosamente cieco è l’amore di donna Concetta Cerentano per suo figlio Edoardo. Come si sarà desunto dalla sintetica descrizione dei personaggi, la stessa persona può essere carnefice e vittima: Anna è l’amorosa vittima di Edoardo, ma è carnefice di Francesco che la ama il quale a sua volta è carnefice di Rosaria, secondo la formula del triangolo infernale delle tragedie classiche, di Racine per esempio, in cui A ama B che ama C, e alla fine tutti soccombono.
Ora, la forma d’amore oggetto di questo romanzo è quella caratterizzata dal sadismo, cioè dalla totale sottomissione di uno dei due all’altro, in una relazione assolutamente asimmetrica: sia lui sia lei sono fatalmente abbagliati da chi sta o sembra stare più in alto nella scala di valori (scala sociale soprattutto, ma anche scala culturale o, per la madre, il figlio rispetto alla figlia) e gioisce di “appartenergli” fino al sacrificio della propria vita, e dall’altro lato chi sta o è dall’altro considerato superiore gode di vedere l’altro sottomettersi totalmente. Insomma, il rapporto d’amore si configura come possesso, tra amanti come tra genitori e figli, e infatti il linguaggio amoroso sia tra amanti sia tra genitori e figli è disseminato di aggettivi possessivi (Gioia mia! Vita mia! Amore mio! ecc.) così come di espressioni del genere di “Sei mio/a! Sono tuo/a! ecc.”.
Ora, a proposito del fascino esercitato della superiorità sociale dell’uomo sulla donna e della frustrazione derivante dal non appartenere agli ambienti di cui ci si è fatti una certa idea, il pensiero va prima di tutto alle tante fiabe del genere di “Cenerentola” e subito dopo a “Madame Bovary”, il capolavoro della frustrazione femminile e del matrimonio infelice. Ecco, rispetto al romanzo di Flaubert, “Menzogna e sortilegio” è molto diverso poichè il contesto di realtà in cui i personaggi si muovono è quasi del tutto assente e le situazioni sono praticamente sempre varianti di una stessa situazione dall’inizio alla fine: lui maltratta lei o lei maltratta lui, ma lui / lei perdona perché si sente tanto più suo / sua. Insomma, più che raccontare l’evoluzione di personalità e di destini in un contesto realisticamente rappresentato, la Morante descrive gli arrovellamenti in cui sempre più strettamente restano impigliati senza scampo i suoi personaggi, dando prova di un’inesauribile inventiva nell’immaginare i tanti inganni (le menzogne) con cui un cuore innamorato può irretire l’intelligenza e la sensibilità, tanto da credere di essere amati invece che crudelmente fagocitati.
A MARGINE: 1. Come Emma Bovary, anche Anna si rende conto quando ormai è in agonia di essere stata amata solo dal marito Francesco; 2. i personaggi della Morante così come Emma Bovary sono segnati o caratterizzati dalle loro letture: Anna ed Emma leggono romanzi sentimentali, Francesco legge Rousseau.