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Disturbato e disturbante
Ma cosa ho letto?...
Questo libro è un buco nero che ti risucchia nel suo vortice di buio, violenza, perversione (reato), oscenità, ma anche di arte, poesia, letteratura, cultura...
È un libro disturbato e disturbante, eppure mi è piaciuto moltissimo.
Mi è piaciuto e mi ha disgustato.
E questa cosa mi fa stare male, mi fa sentire in qualche modo "sbagliata".
Giulio Mozzi ci ha messo 23 anni per scriverlo, e probabilmente per chiudere un cerchio.
Io pochi giorni per leggerlo e venirne fuori smarrita.
Le ultime due pagine, credetemi, sono la cosa più raccapricciante che io abbia mai letto.
È sempre un 17 Giugno, data che si ripete e che ci mostra Mario, il protagonista, in un determinato momento della sua vita, o forse dovremmo dire delle sue vite... perché ne ha tante, tutte separate l'una dall'altra.
C'è Mario che sta per sposare Viola (che, a sua volta, vive una doppia vita).
C'è Mario che sta con Bianca, dalla quale... forse...ha avuto una figlia, Agnese.
C'è Mario servo e schiavo di Santiago, uomo dalle sadiche ed estreme pratiche sessuali.
E ancora Mario amico di Gas (grande artista sconosciuto) con cui discetta di arte e letteratura, e Mario figlio amorevole che si prende cura dei genitori anziani.
Ma Mario è soprattutto un uomo passivo, che non compie nessuna scelta, che non si evolve col tempo, un uomo che rimane incastrato nella ripetizione dei giorni, del tempo che passa.
Un uomo privo di ricordi, e quei pochi che ha sono pure sbagliati.
Una scrittura pazzesca, un periodare lungo, pieno di dettagli, di proposizioni incisive in cui sembra di perdersi, ma che, alla fine, risulta quasi ipnotico.
La cosiddetta trama c'è, ma non è lineare, ci sono solo dei quadri, delle situazioni che non necessariamente si intrecciano con il resto, a volte lo fanno, a volte semplicemente stanno lì o si sovrappongono ad altre, lasciando comunque dei buchi che rimangono tali, dei vuoti che non saranno mai colmati.
Ma ci troviamo di fronte ad una frammentarietà che affascina.
È una lettura complessa, di cui io, probabilmente, non ho neanche compreso tutti i rimandi.
Ma ne ho percepito la grandezza.
È un romanzo brutale sul male dell'essere umano, che è costantemente intorno e dentro di noi (anche quando è solo immaginato).
Forse per questo è tanto indigesto e mette a disagio.
Mozzi è stato coraggioso a scriverlo, noi però ancora più coraggiosi a leggerlo, va detto.
Non sono sicura che lo Strega sia il posto più adatto per un libro così, ma è sicuramente un libro che merita attenzione.
(P.s. Il capitolo "La lettera" merita un plauso speciale... davvero bellissimo.)
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