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Ricetta della felicità
“Se ci ripenso adesso, questa potrebbe anche essere la storia di una sola persona, che dà un nome diverso a ognuna delle due parti che formano il suo insieme; la storia di due persone che hanno bisogno l’una dell’altra per essere se stesse”. Attraverso la narrazione della vita dei due protagonisti, Mario e Guido, opposti fra loro in tutto ma accomunati da un’amicizia che sa andare oltre le difficoltà, le differenze, insomma oltre l’apparente lontananza e che li rende inscindibili. Sono parti distinte dello stesso corpo e della stessa mente. L’autore racconta della vastità delle emozioni e sensazioni provate che riflettono perfettamente il periodo in cui i due vivono e mostra inequivocabilmente la storia di una generazione degli anni ’60 e ’70, tra lotte studentesche, i primi approcci con le ragazze, le scelte scolastiche e lavorative. Il processo di crescita dei due giovani parte proprio dalle differenti strade che i due decidono di prendere nel periodo della loro adolescenza, della necessità di riconoscersi, affermarsi e il potersi realizzare in una società, quella adulta, e le difficoltà che questo comporta, oltre che la ancora presente pregressa sensazione di incertezza e illusione; entrambi vorrebbero cambiare la società in cui vivono perché non contenti di come si presenta ai loro occhi, ricercano infatti una felicità che non riescono a trovare nella città in cui vivono, Milano; tuttavia però, proprio per i loro differenti caratteri, Mario, rimboccandosi le maniche, riesce a ritrovare nella sua maturità una tranquillità ed una serenità che da tanto tempo stava cercando: si sposta infatti a Gubbio, immerso nella natura e lontano dalla frenetica città industrializzata, costruisce un ego autonomo che non necessita molto per vivere, si accontenta di ciò che egli stesso produce, creandosi un mondo bucolico tutto suo isolato insieme alla sua famiglia; Guido invece spirito sempre irrequieto, raramente si ferma e prova da sé a realizzarsi, ma non riesce mai; viaggia continuamente alla ricerca di qualcosa che possa calmare la sua inquietudine interiore che lo logora sempre di più. Ogni volta che i due si separano e poi si incontrano di nuovo ognuno trasmette all’altro un po’ di sé, ma nonostante ciò entrambi sembrano stare meglio quando sono distanti, perché quando si ritrovano l’uno rompe quell’equilibrio momentaneo che l’altro era riuscito a crearsi, a modo suo. Sebbene quando all’inizio, a scuola, si conoscono è Guido ad apparire come una sorta di leader da seguire, una guida che Mario non vuole perdere, tanto da rimanere lui sempre in ombra per seguire le decisioni dell’amico, nella maturità avviene esattamente il contrario: Mario riacquista la luce che aveva perso, anche grazie al fatto che capisce l’importanza di aiutare gli altri e soprattutto il suo amico, mentre Guido si trova insoddisfatto e indignato per voler sempre essere al centro del mondo. L’autore di questo romanzo offre degli ingredienti molto chiari ed evidenti per riuscire a preparare la ricetta della felicità, sì proprio come se si sta cucinando qualcosa, perché questa complessa condizione emotiva non sempre riesce bene, bisogna impegnarsi, e, purtroppo, anche se vengono spese moltissime energie, la fatica non viene ripagata; innanzitutto ciò che non deve assolutamente esservi è l’insoddisfazione e soprattutto pensare di porsi sempre in primo piano e non fare mai qualche cosa per gli altri, costruire dei rapporti sociali e non rimanere sempre nel proprio, insomma instaurare e coltivare di giorno in giorno delle relazioni sociali che vedono l’impegno di tutti i componenti, nel far sentire bene qualsiasi persona ci sia al suo interno.