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Di due uno
Vincitore del prestigioso Premio Strega, “Due vite” di Emanuele Trevi, l’avanguardia della letteratura italiana contemporanea, ha il merito indubbio di restituire al pubblico meno preparato la conoscenza di due autori: Pia Pera e Rocco Carbone, morti prematuramente e senza arrivare al grande pubblico. Non penso che l’intento primario fosse questo, perché dalla lettura del breve e gradevole scritto - grandi doti la sintesi e l’essenzialità - emerge invece un’operazione estremamente intima, necessaria e delicata. Fare i conti con i morti, ricordarli, analizzare nello sfumare della loro identità corporea, voluto dall’inesorabile passare del tempo, la loro essenza, la loro individualità. Una prosa narrativa, sul filo della memoria, capace di restituire gli umori del tempo, scandaglia quel che resta del ricordo, lo cerca, lo insegue, lo fissa e insieme lo analizza per giungere in fin dei conti a una autoreferenziale analisi di se stesso, del proprio essere, del proprio sentire. Diverso sarebbe stato leggere le biografie dei due, il taglio cronachistico avrebbe scandito le pagine, con dovizia di particolari, al fine di restituirle in un’immagine la più compiuta possibile, oggettiva. E invece no, qui si alternano i ricordi, certo separati, dei due, tranne i momenti di convivialità condivisi e raccontati: due diversi caratteri, due esistenze diverse, due ricordi diversi. L’uno a fare da contrappunto all’altra, per la distanza umana che li separa. Lui, Trevi, l’anello di congiunzione, quello che rimane a chiedersi quale il valore delle vite dei due amici, nella speranza, tutta umana, di migliorare la propria. Interessante scrittura che avvicina all’autore, perché in fondo questo scritto parla di lui
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Titolo ovviamente già in lista dei desiderata.