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Cat-calling ante litteram
Nei racconti e nelle storie di molti autori siciliani, l’isola è spesso rappresentata in maniera piuttosto ambigua, con tratti marcati che sembrano discostarsi talmente tanto dallo standard italiano da far credere di star parlando non più di una regione di questo stato, ma di un mondo quasi alieno. Il rapporto di questi scrittori con la propria terra è anch’esso ambiguo: in esso si dimenano le dicotomie amore-odio, voglia di fuggire e nostalgia di casa una volta che questa è lontana. Quando penso a scrittori del genere penso in primo luogo a Sciascia - e in particolare alla parte finale de “Il giorno della civetta” - e da oggi in poi probabilmente penserò anche a “Don Giovanni in Sicilia” di Vitaliano Brancati.
In questo romanzo ci troviamo immersi nell’ambiente della gioventù (mica tanto) catanese, nella comitiva di Giovanni Percolla: scapolo di quarant’anni che ancora vive in casa con le tre sorelle che sono, manco a dirlo, zitelle. Il passatempo preferito di Giovanni e della sua comitiva è quello di fantasticare sulle donne, dedicarsi al loro apprezzamento e alla creazione di fantasmagoriche avventure amorose che, nella realtà, non vanno mai a concretizzarsi. Lo stesso scrittore finisce per definirli, all’interno del testo, degli ingravida-balconi: le donne affacciate a quelle terrazze saranno infatti oggetto delle proprie più segrete fantasie, ma solo e soltanto di quelle.
Giovanni Percolla è un uomo che, sebbene trasportato da questa tendenza, anch’egli non ha avuto alcuna esperienza rilevante in ambito amoroso: sebbene abbia potuto pensare a ogni sorta di avventura amorosa, a quarant’anni non ha ancora baciato una signora per bene. Tutto questo cambia con l’arrivo nella sua vita della giovane e bellissima Ninetta che, Dio solo sa perché, comincia a comunicare a Giovanni il proprio interesse prima con sguardi intensi, poi creando quasi fortuitamente occasioni per incontrarlo nei luoghi della città. Si palesa quella che è l’incapacità di Giovanni di rispondere a un interessamento assolutamente palese, mettendo in risalto il suo carattere che, in fondo, è l’esatto contrario di quello di un Don Giovanni.
Il romanzo è sempre pervaso di una piacevole ironia, che riuscirà a strappare più di una risata sebbene regga in gran parte quello che è il valore effettivo dell’opera; privata di quest’ultima peculiarità, ne rimarrebbe ben poco. Una lettura piacevole, ma poco più.
“Le donne ricevono gli sguardi, per lunghe ore, sulle palpebre abbassate, illuminandosi a poco a poco dell'albore sottile che formano, attorno a un viso, centinaia di occhi che vi mandino le loro scintille. Raramente li ricambiano. Ma quando levano la testa dall'attitudine reclinata, e gettano un lampo, tutta la vita di un uomo ha cambiato corso e natura. Se lei non guarda, le cose vanno come devono andare, per il giovanotto o l’uomo di mezza età: uguali, comuni, insipide, tristi: insomma, com’è la vita umana. Ma se lei guarda, sia pure con mezza pupilla, oh, ma allora, la vita non è poi così triste, e Leopardi è un poeta che non sa nulla di questo mondo!”
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