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Il colore intimo delle persone
Da quel giorno e fino all’ultimo della sua vita, in cui anche lei sarebbe arsa (…) , Mio avrebbe sempre cercato il colore intimo di ogni persona.
Quella sfumatura unica, precisa, che la riassumeva”.
Mio è letteralmente nata nei colori: la sua famiglia possiede un atelier dove vengono tinte stoffe, cuciti su misura i kimono nuziali per le giovani spose. Dalla madre e dalla nonna apprende la sapiente arte dell’abbinamento delle stoffe, della resa dei colori e della magnificenza dei ricami, in tenera età già si incanta a ripercorrere con le dita i fili dei ricami e ad ascoltare la nonna che “parla” affettuosamente agli obi -le alte cinture dei kimono- alle stoffe, accarezzandole come se fossero bambini.
Mio è letteralmente nata nei colori. Possiede un rarissimo dono di natura: la visione tetracromatica. “…gli occhi di Mio individuavano milioni di colori in più degli altri”, grazie ad un numero elevato di ricettori del colore nella retina.
E i doni hanno un prezzo.
Mio da bambina è diversa, se ne accorge subito la madre, con molta apprensione consulta medici e tutti le dicono di stare tranquilla, sicuramente la bambina è solo un pò più pigra degli altri nel linguaggio. La piccola Mio non è ancora in grado di trovare la maniera per esprimere in modo comprensibile agli altri l’esplosione cromatica che la investe ogni giorno, perché per lei un “giallo” non è un “giallo e basta”, ma trova una miriade di colori diversi per definire il giallo del limone, oppure quello di un particolare tipo di fiore, o di una fase precisa del giorno.
Capirà fin da subito che l’ossessione per i colori la accompagnerà per tutta la vita.
Il libro si apre con l’immagine di due bambini, in spazi differenti, alle prese con dei disegni: Mio e Aoi, una bambina e un bambino. Il loro diverso comportamento di fronte ai colori dimostra da subito i due diversi approcci alla vita e alla morte dei protagonisti che conosceremo meglio da adulti. L’una si diverte a giocare con la gamma del verde, incollando sul foglio qualsiasi cosa verde che si trovi davanti, anche la finta pelle che ricopre la borsa della madre, l’altro disegna un albero usando colori poco realistici.
Attraverso le pagine scopriremo meglio la vita di Mio, da bambina (saltando l’adolescenza e la prima giovinezza) al momento in cui lavora presso un’azienda, la Pigment, che si occupa di belle arti e di colori. Scopriremo meglio il suo carattere nel momento stesso in cui si innamorerà di Aoi, che si presenta da lei per una richiesta di consulenza cromatica. Lui la affascina sin da subito e non riesce a capirne il perché, scatta in lei una vera ossessione: rispetto alle altre persone, di Aoi non riesce a individuarne il colore che lo caratterizza e poi…il suo mestiere, la attrae e la terrorizza allo stesso momento. Impresario di pompe funebri.
Lei ricorda le parole della madre: “In fondo è esattamente ciò che non sai di una persona a farti innamorare di lei. Cerca di trovare anche tu qualcuno di cui non sai quasi nulla. Ne rimarrai innamorata tutta la vita”.
Niente poteva essere più ossimorico, una storia che si costruisce sui contrasti. Da una parte Mio, esplosione di colori, rifiuto della morte e, dall’altra, lui, Aoi, che familiarizza con la morte ogni giorno e non ha un colore dell’anima definito.
Aoi rappresenta per Mio quello di cui ha bisogno: accettare la morte con calma e compostezza, quello che sinora non è riuscita a fare.
“Le vite nascoste dei colori” è un romanzo multitematico: l’amore, la passione, storie familiari difficili, l’accettazione della morte.
La storia è piacevole, la scrittrice è sicura, spedita e con una delicatezza, che non è mai leggerezza o sciatteria, sa narrare i passi più crudi e duri. In questo libro ha dato prova di grandi capacità narrative, toccando la tematica alquanto scomoda e difficile della morte e del trattamento dei cadaveri (in Giappone vengono truccati) senza indugiare in passaggi descrittivi, ma accennandoli, restituendoci, così, pagine toccanti, che non mi sono sembrate da “sentimentalismo spicciolo”.
Il libro si divide in tre parti più un epilogo ed ogni parte è contraddistinta da brevi paragrafi titolati che si leggono velocemente, introdotti da una piccola “rubrica” in corsivo che ne riassume il contenuto. Ciò conferisce alla narrazione il tono fiabesco, anche se l’ambientazione è una modernissima Tokyo, con le sue mille sfumature, la sua folla di persone, le sue contraddizioni, tanto amate dalla scrittrice, che l’ha battezzata quale seconda patria. La presenza di una città viva e reale, con i suoi luoghi specifici, i suoi giardini, i suoi negozi, la sua stazione, permette alla Messina di costruire una fiaba contemporeanea credibile che comunica insieme la magia della cultura giapponese (che non è assolutamente uno sfondo) e il dramma della storia personale di Mio.
Completa l’opera un glossario dei termini giapponesi utilizzati nel romanzo e un utilissimo inserto, “Il taccuino dei colori di Mio”, che raccoglie tutte le sfumature di colore, in realtà dei colori a se stanti, precisi e concreti, scritti in una o due parole giapponesi, ma che tradotte in italiano diventano delle vere e proprie perifrasi per rendere meglio al lettore la specificità di quel colore. E allora “seitai”non è un semplice blu, ma “un blu sobrio e profondo, picchiettato di un nero carbone e lampi di giallo castagna”, lo shikkoku non è un nero qualsiasi, ma “un profondo e brillante nero lacca”.
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