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Madre e figlia
«È la prima volta che ti scrivo dopo la tua morte. Sono a casa tua. Vengo spesso qui, almeno un paio di volte alla settimana. Ho lasciato tutto com’era, come volevi tu. Non ho tolto niente. La pulisco io, non permetto a nessuno di mettere piede qui dentro. Sistemo e risistemo il tuo armadio, faccio prendere aria ai tuoi vestiti, apro e riapro i cassetti.»
Ella, nomignolo con la quale conosciamo Michela, la protagonista di questa storia proposta da Susy Galluzzo, è sposata con Aurelio e con lui ha avuto una figlia, Ilaria. Quest’ultima oggi ha tredici anni ed è tutta la sua vita ma anche la sua morte. Perché costei ha dedicato anima e corpo alla figlia, si è dedicata alla cura di tutte le sue ansie, di tutte le sue manie, di tutte le sue passioni quali il tennis, di tutte le sue difficoltà scolastiche a causa di quella concentrazione che proprio fatica a volersi palesare. Duccio, il labrador nerissimo con i grandi occhi color nocciola, preso per la figlia, è l’ombra della madre. Ma cosa è successo a Ella? Perché al ritorno dopo un allenamento quando Ilaria si distrae per guardare il cellulare in mezzo alla strada e rischia di essere investita da una macchina in corsa, non fa nulla per avvisarla? Tace, osserva ma resta inerte? La figlia si salva per un soffio ma da quel momento qualcosa è tra loro irrimediabilmente perduto e spezzato. Perché Ilaria ha visto, si è accorta della titubanza della madre.
Le ragioni di quanto accaduto devono emergere, devono venire a galla. Ella non può convivere con il dubbio e inizia allora a scrivere su un diario rivolto alla propria madre venuta a mancare ormai da quindici anni. E inizia proprio da qui, a narrare. Comincia spiegando alla madre di quel che è accaduto, comincia spiegando alla madre che quella figlia che è anche la sua croce l’ha osservata mentre attraversava e pur consapevole del pericolo, non è intervenuta. Comincia a scavare e a scavare in quello che è un rapporto che si è interrotto ma che mai davvero può interrompersi perché il legame tra una madre e una figlia è indissolubile. E si ha bisogno di questo, e si ha bisogno di credere che possa esistere ancora.
«Ho bisogno di credere, di convincermi, che tu voglia ancora parlarmi, Mamma, che quasi quindici anni dalla tua morte abbiano potuto far sorgere in te la nostalgia di me e che tu oggi sia contenta di sentirmi.»
Da qui Ella inizierà a riportare alla luce tante verità, tanti conflitti, tante paure e tante verità che negli anni sono rimasti sepolti nella mente e nelle profondità più oscure del cuore. Ha inizio da qui il viaggio di Ella ma anche quello del lettore con “Quello che non sai”.
Susy Galluzzo ci propone un titolo che va letto in una chiave di lettura molto introspettiva essendo questo, in primo luogo, un passo che viene a essere compiuto dalla scrittrice per vivere e convivere con quella che è la perdita della propria madre. È un libro sull’amore, sul timore perenne di non essere adeguati, all’altezza, capaci. È un romanzo sulla maternità, sull’esser figli, sul bisogno di distacco. Su quella calamita che ci trattiene e sprona.
È un viaggio interiore, un viaggio fatto di domande che cercano risposta, di commozione che arriva quando meno te lo aspetti, di cuori che pulsano e anime scosse.
Scritto con una prosa diretta, fluida e rapida che ci trasporta subito nei pensieri della protagonista che si rivolge alla madre per mezzo di quelle lettere troppo a lungo rimandate, l’elaborato scuote, lascia il segno e chiede di essere letto e custodito.