Dettagli Recensione
Ginevra/Blu
«Porti le dita al naso, tutte, e non puzzano più. Il problema della puzza, pensi, è che non si vede, come la tristezza o il senso di colpa.»
Ginevra, per tutti Blu, è una giovane adolescente che frequenta il liceo artistico e che vive tra ossessioni e rituali improcrastinabili che vanno da gesti scaramantici a sequenze meticolose di un vivere quotidiano imposto. I suoi genitori sono divorziati, ha una sorella i cui ricordi d’infanzia sono vividi come se fossero istanti del presente e un fidanzato che non sente di amare ma che al contempo non può lasciare. Il passo che può condurla a una strada di non ritorno è lieve e si traduce nella performance art, arte che scopre con Dora Leoni, pseudonimo di Dora di Silvestro, veneziana e classe 1977. Quest’ultima è un’artista italiana impegnata nei campi della pittura, fotografia e appunto performance art. All’interno delle sue opere ricorrono elementi quali saponi, vasche, lozioni purificanti e nel suo passato si legge di un’infanzia solitaria scandita da traslochi, periodi in viaggio di lunga durata, una forte incapacità di stringere relazioni umane e un incontro con Adriano Chiari, artista, che cambia la sua vita. Dora diventa subito il punto di riferimento per Blu, diventa la sua ossessione, il suo specchio nello specchio. La perdita di controllo è rapida, consequenziale, involuta ma esplosiva; le conseguenze, devastanti.
«Chi si infila nelle ferite per creare dipendenza è una droga o una malattia, e in ambo i casi è il male. Ricordi, Blu?»
Ed è da queste brevi premesse che ha inizio il secondo romanzo di Giorgia Tribuiani intitolato “Blu”. In questo titolo il primo elemento che colpisce il lettore oltre al messaggio sotteso ma percepibile repentinamente è lo stile narrativo: la Tribuiani si avvale di una prosa magnetica, di una penna creativa, di uno stile tale da trasportare il lettore nelle ossessioni e angosce della sua protagonista tanto da realizzare un vero e proprio viaggio nella sua mente. L’intero romanzo è filtrato dalla psiche della medesima e l’effetto è quello che la narrazione sia condotta dalla voce interna di questa. Vi è letteralmente catapultato dentro e ciò rende ancora più autentiche le tematiche che la scrittrice tratta e permette al conoscitore di entrare in simbiosi con quelle problematiche affrontate e che vanno dalle ossessioni, al senso di colpa, al desiderio di essere guardati, al disturbo compulsivo-ossessivo, al desiderio di andare avanti con chi ti segue anche oltre quel chilometro cinquantacinque.
È una storia di buio e filtri, di vetri e scudi invisibili che separano l’io dall’altro, è uno spazio asfissiante privo di vie di uscite, un dedalo di specchi in cui noi ci rispecchiamo in Blu e Blu in noi in modo deformato. E alcuna scappatoia è concessa. È una storia che fa riflettere, scuote e resta.
«Staccherai l’ultima puntina, leggerai l’ultimo scontrino, e solo allora, solo quando avrai speso l’ultima voce per l’ultimo inchiostro imbevuto nell’ultima goccia di sangue, potrai guardare il pubblico e ti asciugherai le guance.»