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Anna non molla
Lo scenario di una Sicilia irriconoscibile, un ammasso di rovine retaggio di un'epidemia che ha distrutto il mondo civile fa da sfondo alle peripezie di Anna, ragazzina costretta ad arrangiarsi per sopravvivere. Niccolò Ammaniti, in versione distopica, è un bel leggere, dopo una partenza dignitosa ma non proprio trascinante l'autore romano prende slancio raccontando di un mondo imbarbarito, in cui Anna è suo malgrado la depositaria di una memoria storica destinata all'oblio (i ragazzi infatti, in genere, non vivono più di quattordici anni), mentre il suo lottare quotidiano è un inno alla speranza. Una promessa alla madre morente e l'istinto di sopravvivenza unito alla diceria che in "continente" qualche adulto sia scampato alla morte e abbia pronto un vaccino, sono i motori che azionano muscoli e cervello per non mollare in un panorama in cui la natura rigogliosa fa da impietoso contraltare alle miserie umane. Le regole scompaiono ma i sentimenti resistono, quelli che guideranno Anna in un percorso di formazione ora violento, ora dolcissimo, caratterizzato da prepotenti aperture nostalgiche in cui la scrittura di Ammaniti si fa più toccante che mai. Sicuramente il paragone con pietre miliari del genere tipo "La strada" di McCarthy, "Io sono leggenda" di Matheson o con "Il signore delle mosche" di Goldwin sono pertinenti, ma Ammaniti riesce a far sua una tematica abusata riuscendo a dare credibilità alla sua visione apicalittico/prepuberale, per poi trovare spunti avvincenti e crudi, come nello straordinario e barbarico caos della Festa del Fuoco, o commoventi e introspettivi, come nelle pagine ambientate a Cefalù, in cui il destino più vile sembra dileggiare la bellezza delle spiagge e del mare.