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Il libro delle case
 
Il libro delle case 2021-04-28 17:18:56 Bruno Izzo
Voto medio 
 
3.0
Stile 
 
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Contenuto 
 
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    28 Aprile, 2021
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Casa su ruote

In estrema sintesi, questo è un libro diverso dai soliti, a sé stante.
L’idea di fondo è buona, l’autore è bravo e capace, nessun dubbio in proposito, ha già dato ampia prova di sé.
In questo romanzo, il modo di gestirlo, di presentarlo, di raccontarlo, la scelta artistica di come scriverlo e di come scriverne, è molto particolare.
Insomma, è un romanzo insolito per gli standard narrativi di cui siamo abituati, sia nella trama che nella struttura espositiva, è un racconto veramente singolare e magari anche innovativo, genuino ed eccentrico allo stesso tempo.
Originale è la parola giusta, ecco; originale…forse anche troppo.
Talora, il troppo storpia.
Per questo è un romanzo a rischio, ma nemmeno, direi che è una storia aut aut, o la prendi esattamente com’è, e allora finisce pure per piacerti, ti diverte, ti riconosci, o semplicemente ti pare troppo oltre, e ti delude. Forse no, che sia un testo difficile magari è un effetto voluto, è questo troppo che si offre consciamente al lettore perché sia lui a sfrondarlo, a setacciarlo, e ricondurre infine il testo all’emozione che si vuole trasmettere.
Difficile dirlo, si fa fatica a convincersene, ma così è se vi pare.
Direi che è un racconto di crescita, sottilmente autobiografico.
E come si cresce, in pratica? Ma cambiando casa, naturalmente.
Almeno per la maggior parte di noi è così. Cambiamo sempre casa nel corso della nostra vita, non siamo alberi fermi con le radici, e per fortuna, la maturità richiede cambiamenti di stato.
È rarissimo trascorrere normalmente tutta la nostra esistenza nella stessa, unica abitazione.
Quindi i tempi, i fatti, il vissuto emozionale del nostro divenire sono riconducibili ai nostri domicili. Intesi non solo in senso fisico; potremmo dire che la nostra vita è un continuo viaggiare su una casa su ruote, spostarci con un camper o una roulotte, siamo tutti globetrotter, ci portiamo dietro la nostra vita come una tartaruga con la sua casa sulle spalle, manco a farlo apposta proprio la Tartaruga è citata tra i protagonisti del libro.
Perciò questo è il libro delle case, ci spostiamo da un posto all’altro, a volte ci fermiamo per breve tempo in un alloggio, in altre stazioniamo di più, talora da soli, talaltra in compagnia.
Spostandoci facciamo delle soste obbligate, altre impreviste, imbocchiamo strade diritte o dissestate, incontriamo incroci, intoppi, scontri, vie di fuga.
Ciò che siamo è il risultato, risente non solo dall’interagire con chi viviamo d’intorno, ma anche il luogo importa, insiste, ci influenza. E gli spostamenti da un luogo all’altro.
Si nasce in una casa, di essa ricordiamo certe stanze più di altre, certi ambienti, certi momenti della nostra esistenza, certi interni soprattutto dove abbiamo vissuto dei momenti salienti nella nostra infanzia, giovinezza, adolescenza, o che almeno a noi sono parsi tali.
Poi si cambia, si cresce, si passa ad altri ambienti, in altri interni, i tratti di questo testo in cui l’autore si esprime al suo meglio sono proprio la descrizione degli interni.
Questi interni sono, nello stesso tempo, camere dei ricordi, e giustamente, l’intuizione è davvero geniale, per cui è normale associare ad ogni camera un ricordo che tratti delle figure tipiche della nostra esistenza, iniziando dalla famiglia, passando per gli amici, gli amori, le scelte di vita e le relative conseguenze.
Ogni ricordo ha un proprio ambiente in cui si è formato, per associazione di idee la stanza richiama l’evento, e viceversa.
Come se l’autore mettesse insieme tutte le case in cui ha vissuto, trasforma i metri quadri calpestabili in capsule del tempo, in ognuna delle quali sono incise nel silicio i messaggi importanti che hanno scandito il proprio esistere, quasi che un domani una intelligenza futura ne estrapoli i ricordi per farsi un’idea di com’era un tempo l’esistenza umana: inossidabile nel reiterare gli errori, inappuntabile nel design dei luoghi.
Perciò Andrea Bajani nel suo “Libro delle case” usa questo utile espediente per parlare non dico di sé, ma della vita; racconta di domicili a Roma, di appartamenti a Torino, di mansarde a Parigi, di camere di albergo a Londra. Si dilunga su residenze universitarie e abitazioni per le vacanze, sempre e comunque discetta di case, a vari livelli dell’esistenza. La casa come la vita, e viceversa.
Passano i giorni della nostra vita, anche gli immobili subiscono il trascorrere del tempo, e le case ne risentono per stile ed architettura, si susseguono pertanto tutti diversi via via gli alloggi della giovinezza, degli studi, della maturità, con i corrispondenti fatti, azioni, eventi e sentimenti che si susseguono di pari passo. Il libro non è però un elenco immobiliare, piuttosto è un continuo andare su e giù da una casa all’altra, talora sempre le stesse, dopotutto non è che normalmente si vive in tantissime case, in genere sono poche.
Si vuole invece discettare, precisare meglio il proprio dire, passando nel tempo da un ambiente, e dal corrispettivo stato d’animo, all’altro, tratteggiando eventi che non appartengono solo ai citati nel testo, ma possono adattarsi con facilità all’esterno degli ambienti delimitati, quasi un continuum con l’universo.
Per questo protagonista, personaggi, luoghi e persone non hanno nomi propri ma nomi comuni, quasi che la storia fosse plasmabile, a misura di ciascuno, e magari lo è, perché in fondo è vero, si cresce cambiando, e il cambiamento comprende anche non dico l’evolversi, ma la modifica degli habitat. Flora e fauna rimangono gli stessi, perciò nessuno è chiamato per nome proprio, abbiamo il protagonista che è semplicemente Io, poi altri identificati come padre, madre, nonna, moglie, tartaruga. Anche i tempi, l’epoca, il periodo storico, benché reali e definiti, sono indicati più che con date come eventi, più con i fatti salienti che con dettagli cronologici precisi e minuziosi.
Per cui l’azione si svolge in un arco temporale che comprende per esempio il brutale assassinio all’idroscalo romano di Pier Paolo Pasolini, qui indicato semplicemente, e però significativamente, il Poeta; oppure è circoscritto dall’arco temporale del rapimento con infausto esito di Aldo Moro, altrettanto esemplarmente indicato come il Prigioniero.
Bajani, in sintesi, parla di sé attraverso i muri di casa, di tutte le case in cui ha vissuto, come se su questi avesse dipinto murales, avesse inciso graffiti che esternano la sua biografia, ed insieme il suo mondo interiore.
Una bella idea, indubbiamente, e in estrema sintesi, può piacere o meno.
Dopotutto, alcuni murales effettivamente riscontrano lusinghiero e unanime successo, basta pensare ai murales di Banksy, o quelli di Jorit.
Talora però, per qualcuno, i graffiti imbrattano le pareti, sono solo un guazzabuglio di linee e colori senza alcun costrutto artistico.
Dipende: dopotutto esistono condomini, ville, regge, chalet, cottage; ma anche casupole, catapecchie, tuguri, stamberghe, tane.
Questione di case.

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Commenti

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Ciao Bruno, concordo in pieno con la tua recensione.
Federica
Grazie di avermi letto, Fede. In verità, ho avuto più di un dubbio nello scrivere di questo libro, è insolito; l'idea di fondo è anche buona, solo che...come è stato sviluppata l'intuizione iniziale, mi ha lasciato talora perplesso. Ma i libri sono come le persone, a volte ti prendono, altre no, e in misura differente. La cosa importante è...leggere! Un caro saluto!
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