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L'incidente
Questo libro è la felice dimostrazione che il genere thriller non rappresenta un’esclusiva americana, perché le atmosfere angoscianti, claustrofobiche, che avvinghiano il lettore alla pagina, si possono sicuramente trovare in questo romanzo “made in Italy”. Gli ingredienti ci sono tutti: un’ambientazione idilliaca immersa nel verde alla periferia di Roma, un condominio moderno e confortevole dove andare ad abitare sembra un sogno ad occhi aperti e dove tutti i condomini ti fanno sentire parte di una grande famiglia allargata. Questa almeno è la prima impressione per Francesca che si trasferisce da Milano in questo paradiso per cominciare una nuova vita con il marito e le due figlie. Ben presto però le sensazioni e le prime impressioni cambiano ed il romanzo assume contorni che ricordano da vicino le suggestioni di “Rosemary’s baby” e del miglior King. Perché dietro alla facciata, il condominio tutto ed i suoi condomini sembrano nascondere qualcosa. Come se questa famiglia allargata fosse in realtà una setta e l’apparente gentilezza dei vicini svelasse un intrico di relazioni e di misteri dalle quali la stessa Francesca parrebbe esclusa. A differenza del marito invece, sempre più lontano da casa per impegni lavorativi, sempre più distante dalla famiglia, assente, ma allo stesso tempo così integrato nella nuova realtà di vicinato che sembra pulsare di una vita propria (“Come se nel cortile ci fosse qualcosa, una cosa strisciante, subdola, un unico reticolo di grosse vene che partivano da un unico cuore e dal cuore raggiungevano, pompando sangue, gli inquilini, l’organismo policefalo che era il condominio del Giardino di Roma”).
Antonella Lattanzi parte da un tragico episodio realmente accaduto nella sua infanzia: “l’incidente” come veniva chiamato all’epoca dei fatti, perché nessuno aveva il coraggio di usare altre parole per definirlo, avvenuto proprio nel condominio nel quale la sua famiglia si era appena trasferita e che inevitabilmente ha condizionato la vita di tutti gli abitanti dello stabile, istituendo un clima di paura e ambiguità del quale nessuno parlava chiaramente. Lo stesso clima che si respira tra le pagine dell’intero libro. Perché “Questo giorno che incombe” ha l’indubbio pregio di definirsi un romanzo disturbante nel senso positivo del termine, in quanto il genere thriller è al servizio di una storia che grazie all’abilità dell’autrice confonde e disorienta il lettore che non mancherà di stupirsi per la varietà dei colpi di scena, e che sicuramente gradirà certe scelte narrative come ad esempio la trovata di “dare voce” alla casa stessa in cui vive Francesca con la famiglia. Ma è altresì un romanzo che declina nella cronaca nera, che fa riflettere sul rapporto tra cronaca-media e su quel modello di comunicazione aggressiva che conosciamo ai giorni nostri. Un sistema malato che non ha rispetto per le tragedie private ed in cui, in nome dell’audience, non si esita nel dare in pasto alla folla urlante immagini e notizie spesso fondate su pregiudizi, alimentando così reazioni popolari che sanno “di giustizia sommaria”, perché l’importante è trovare “un colpevole” anziché il vero colpevole. Infine è anche un romanzo che nell’evidenziare l’angoscia e le preoccupazioni della protagonista mette in primo piano quelle che sono le difficoltà di una madre lasciata alla deriva, alla quale viene chiesto di dedicarsi alla cura dei figli piccoli e per cui cadere in uno stato di depressione (ed anche di tentazione, come capirà chi legge il libro) è assolutamente comprensibile.
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