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Leo
I loro nomi sono Anna e Leo. Sono due fratelli, in quegli anni Sessanta, così legati eppure così diversi. Leo, in particolare, è affetto da sordità e per quanto ciò sia difficile da accettare è importante imparare a conviverci utilizzando quel linguaggio dei segni, quella lingua così dissimile e capace di creare un nuovo e comprensibile mondo. Una parola, questa che dovrà essere appresa non soltanto dalla sorella quanto anche dai genitori, Elsa e Vittorio, che non erano preparati all’eventualità che il loro bambino potesse essere diverso. Ma cosa significa parlare un lessico diverso?
“Quello che avrebbero dovuto fare tutti insieme era inventare un linguaggio intimo, segreto, un lessico visivo capace di dare forma alla loro vita quotidiana. Ogni oggetto andava ridisegnato attraverso i segni e con il tempo avrebbero aggiunto pagine al loro vocabolario immaginario. Il medico guardò Anna e indicò il pelouche che aveva tra le mani. «Facciamo un gioco le aveva detto» con un’espressione amichevole, il tono fermo della voce che suggeriva di prendere sul serio la proposta. «Di’ a Leo cos’è quello. Trova dei segni per descriverlo. Solo due, non di più». Anna si sentì intimorita da quell’uomo in camice bianco che adesso parlava solo con lei.
(…) «Tuo fratello imparerà a parlare con il corpo e la sua anima avrà una voce speciale. Avrà bisogno di tempo, ma noi saremo lì con lui e impareremo ad ascoltarla. Vedrai arriverà un giorno in cui la sentiremo, quella voce, e quel giorno sarà bellissimo».”
Leo ad ogni modo dovrà frequentare una scuola speciale che lo accoglierà per diversi giorni alla settimana. Ed è in questo frangente che nel 1964 del bambino si perde ogni traccia. Non è al collegio, nessuno lo ha visto e ha saputo niente di lui.
Trascorrono diciannove anni, Anna è ormai una donna adulta, è insegnante della lingua dei segni ma è anche una donna la cui vita è stata irrimediabilmente marcata dalla scomparsa del fratello. Sarà quando Michele, un ragazzo che al tempo frequentava lo stesso istituto di Leo, le rivelerà del litigio occorso nel giorno della scomparsa con un insegnante, Giordano, con cui poi il piccolo si è allontanato, che ogni cicatrice tornerà a pulsare dolore e a chiedere verità. Per Anna non c’è desiderio alcuno se non quello di incontrare quell’uomo che ha interloquito per l’ultima volta con Leo e che forse, chissà, ne è anche il responsabile della scomparsa.
Con delicatezza e magnetismo, Stefano Corbetta ci propone un titolo che solletica le corde più intime del lettore. Non solo a conquistare sono i protagonisti, ciascuno per un suo diverso motivo, ma è anche il giallo sotteso ad avvalorare la trama e a incuriosire il lettore. Tra i vari personaggi, inoltre, quello che più coinvolge è proprio Anna che sorprende per la sua crescita e maturazione, per il suo cambiare.
Non solo. Il conoscitore è affascinato anche da quel che si cela dietro alla lingua dei segni, alla tematica della sordità e alla convivenza con questo senso assente in un periodo storico che non contemplava l’esistenza di un linguaggio alternativo a quello comune.
Una storia che parla da sola, che tocca temi quali l’amore, l’amicizia, i legami famigliari, i rapporti tra fratello e sorella, la depressione, l’accettazione, l’andare avanti, alle diverse forme di comunicazione (dai disegni ai segni). Da leggere e con cui riflettere.
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