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Ida Ramundo: la forza commuovente di una madre
Il piccolo Useppe mi manca. Un personaggio costruito con grande sagacia da Elsa Morante. È uno dei grandi e dei tanti sconfitti della Storia, rigorosamente con la S maiuscola. La Storia e la storia della famiglia di Useppe si intrecciano nella terza “cattedrale” della Morante. Molto interessante la scelta di anteporre ad ogni capitolo (si parte dal capitolo 1941, si arriva a quello denominato 1947) un resoconto dei fatti storici occorsi in quei dodici mesi. Tipograficamente la scrittrice non ha lasciato nulla al caso. Compaiono due epigrafi significative, una richiama ad un passo del Vangelo di Luca, l’altra è tratta dagli scritti di un sopravvissuto di Hiroshima. Entrambe servono a definire i dedicatari di quest’opera, ovvero i “piccoli” del mondo, coloro i quali non possono nulla di fronte ai grandi fatti che li circondano. È un libro sulla Seconda Guerra Mondiale (le origini ebraiche di Ida Ramundo, madre di Useppe, nato da un’unione clandestina e del tutto estemporanea con il soldato tedesco Gunther; la deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma il 16 ottobre 1943; i bombardamenti sulla città laziale; la lotta partigiana nel Centro Italia, combattuta in prima linea da Nino, primogenito di Ida e fratellastro di Useppe; la liberazione di Roma, che diventa “città aperta”), ma i momenti di massima crudeltà emergono a conflitto finito. Il dramma per la famiglia Ramundo si materializza quando la Seconda Guerra Mondiale viene lasciata alle spalle. La Storia è inesorabile e travolge tutto e tutti, paradossalmente facendo più danni in tempo di pace. Il cambio di rotta del romanzo segna lo spegnersi progressivo di una meravigliosa madre come Ida, personaggio strutturato fortemente sull’identità della madre di Elsa. Entrambe, infatti, hanno origini ebree e sono maestre. Ida è un personaggio straordinario, è una delle mamme più commuoventi della nostra letteratura novecentesca. Nonostante le sue fragilità fisiche e mentali, lotta in ogni modo per garantire un futuro a Nino e a Useppe. Si trasforma addirittura in una ladruncola in una Roma in subbuglio a metà anni Quaranta. Esemplifica il concetto di “senso materno”, ma sarà la principale sconfitta del romanzo, verrà stritolata dalla violenza della Storia. Un ultimo appunto lo merita la voce narrante. Nella seconda parte non vuole distaccarsi dai suoi personaggi, soprattutto da Useppe. Lo accompagna, lo coccola, lo fa amare. Proprio per questo a romanzo terminato Useppe vi mancherà.
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