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Alla deriva
Leros è un'isola del Dodecaneso, la cui fama rispetto a tante altre località greche non è legata alle attraenti location prese d'assalto da orde di turisti , bensì al fatto di ospitare un celebre istituto psichiatrico, le cui porte durante il golpe dei colonnelli si aprirono anche ai dissidenti del regime.
Leros è un luogo di dolore e aberrazione umana, grigio e tetro come le pareti di quell'istituto, mute testimoni della solitudine e della morte di un numero incalcolabile di persone.
Persone cancellate dalla famiglia prima e dal mondo poi, fantasmi privati di dignità, umiliati e costretti a sopravvivere in una condizione paragonabile ad un girone dantesco.
Simona Vinci ci accompagna all'interno di un mondo di reietti e dimenticati, il mondo del disagio mentale, un pianeta parallelo che viene comodo scansare e allontanare, etichettando ogni volto come irrecuperabile. Invece la penna dell'autrice vuole riportare alla luce volti e storie, scavando nelle polveri dell'oblio per donare dignità e ricordo a questa bolgia di dannati.
Una narrazione divisa tra più piani temporali che si intrecciano senza che ciò vada a discapito della profondità e del coinvolgimento emotivo del lettore. Senza dispersione alcuna, senza falle nel costrutto, ma più fili da cui nasce un disegno.
Un lavoro in cui convergono caratteristiche proprie del romanzo, del memoriale autobiografico e del saggio, abbandonando i solchi di un genere ben identificato e creandone uno dall'impronta personale, perchè i temi trattati varcano le sponde dell'isola di Leros e giungono in luoghi familiari a chi scrive.
Un meritato Campiello nell'anno 2016, un libro che riesce a toccare corde profonde, ferendo fortemente, una voce che sa raccontare i sentimenti propri e delle creature rappresentate squarciando i veli dell'ipocrisia e della retorica.