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Un uomo solo
Se la solitudine potesse avere un volto, sarebbe quello di Liborio Bonfiglio.
Il volto di un uomo giunto al termine del lungo e tortuoso sentiero della vita, disseminato di perdite e delusioni, di incomprensioni e vuoti mai colmati.
Liborio è un'anima pura, mossa da pensieri e desideri semplici e genuini, cui la vita ha riservato poca fortuna come lui stesso ci narra in prima persona, regalandoci una cavalcata nel suo passato che coincide con le tappe più significative della storia del nostro paese dal dopoguerra alle soglie del ventunesimo secolo.
Il protagonista di queste pagine è un “vinto” dalla vita, è un bambino che ha subito l'abbandono del padre, è un ragazzo che viene sradicato dal piccolo paese di provincia per servire la propria patria durante la guerra, è un giovane uomo che varca le soglie di una realtà chiamata “fabbrica”, è un adulto quando un groviglio di concause gli apre le tetre porte di un edificio bianco chiamato manicomio.
Un plauso all'autore, Remo Rapino, per aver creato un volto a rappresentazione degli “ultimi”, di coloro che vivono alla periferia di una società sorda e cieca oltre che restia a porgere la mano in loro soccorso.
Un esempio di esclusione e mancata integrazione che brucia forte come sale sulla ferita, un lungo monologo di un vecchio rassegnato ma con fotogrammi lucidi confitti come chiodi nel cuore ferito.
Meritato Premio Campiello 2020 per l'excursus narrativo, per la cura dedicata alla costruzione del protagonista che culmina con la scelta coraggiosa di coniare un linguaggio nuovo alle orecchie del lettore, una miscellanea dialettale e gergale a tratti complessa da masticare ma che è l'arma vincente e innovativa per far esplodere tutto il realismo di questa storia.
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