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L’importanza del linguaggio, interpretazione della
Lessico famigliare è forse il libro più famoso di Natalia Ginzburg, certamente quello che è stato più recensito e più criticato sia positivamente, sia negativamente.
Il titolo di un’opera è sempre molto importante: spesso ci svela non solo parte del suo contenuto, ma suggerisce anche considerazioni sulla sua impostazione stilistica e strutturale.
La prima osservazione che sorge spontanea è quella che riguarda l’uso del termine “famigliare” preferito a “familiare” che la Ginzburg usa tuttavia nel corso della narrazione. Si tratta, a mio giudizio, di una scelta studiata con sottile acutezza. Il primo, “famigliare”, è di origine popolare, è un etimo, cioè, che ha subito una trasformazione dall’originale latino “familiaris”, il secondo, invece, “familiare”, ricalca il modello latino, ed è quindi termine più “colto” se così si può dire. Ciò induce subito a pensare che lo stile e il contenuto del testo vogliano rispettare un principio di semplicità che rispecchi la spontaneità della vita quotidiana.
Ed è così. La Ginzburg fa, con quest’opera, un’operazione di verità: attraverso il lessico tratteggia i personaggi, in modo da farne emergere l’autentica personalità. Il padre Giuseppe Levi e la madre Lidia sono davvero indimenticabili, con i loro pregiudizi e il loro linguaggio costellato di parole del dialetto triestino del padre, come sbrodeghezzi, negrigura, sgarabazzi, o del milanese della madre come spussa e malignazza.
La storia della famiglia è affidata alla memoria di Natalia bambina, poi adolescente, quindi adulta. Questa scelta temporale porta inevitabilmente all’uso ora dell’imperfetto, ora del passato remoto, ora del trapassato. Ne deriva una rimarchevole dinamicità narrativa. L’io narrante rimane tuttavia quasi estraneo alla narrazione. La Ginzburg descrive il mondo a cui appartiene, senza indulgere in particolari che la riguardano personalmente. Parla volentieri degli amici, di Turati, Pavese, Felice Balbo, e altri intellettuali che frequentavano la casa editrice Einaudi, per la quale lei stessa lavorava. Racconta episodi della loro vita di cui lei stessa era stata testimone. Si dilunga sulla vita e sulle famiglie dei fratelli, ma di se stessa accenna solo l’indispensabile. Di sfuggita fa riferimento al marito Leone Ginzburg, alla sua morte nel terzo braccio del carcere di Regina Coeli. Nessun pathos, nessun accenno al suo dolore che pure fu certamente grande, a giudicare dai versi che avrebbe scritto in sua memoria. Una riservatezza che probabilmente vuole dare all’opera quella imparzialità di narrazione che possa renderla maggiormente veritiera. Un solo paragrafo tradisce una certa emozione ed è quello dedicato alla morte di Pavese. La storia dell’Italia degli anni del fascismo è presente come sfondo. Se ne sente il peso, ma non è protagonista. Protagonisti sono sempre e solo i personaggi con le loro caratteristiche umane.
Tra i critici di grande rilievo c’è stato chi ha considerato Lessico famigliare un’opera di grande pregio per il contributo memorialistico e per l’efficace descrizione della borghesia e dell’ambiente intellettuale di quel tempo interprete degli ideali socialisti. C’è stato tuttavia anche chi, come Asor Rosa, l’ha vista come un’operazione di snobismo intellettuale, sottolineando la volontà della Ginzburg di mostrare la sua familiarità con personaggi importanti.
Comunque la si voglia pensare, Lessico Famigliare resta un’importante testimonianza letteraria di uno stile, di un’epoca, di una parte della nostra società.
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Molto interessante la tua recensione.
Penso anche l'aggettivi "familiare" sarebbe più adatto al contesto cultura di provenienza dell'autrice. Comunque, artisticamente, mi va benissimo la scelta della scrittrice.
Fra i suoi testi di narrativa è il romanzo che preferisco, ma della Ginzburg ,i piacciono decisamente di più i suoi scritti di "Le piccole virtù" e articoli di giornale che pubblicava sui quotidiani : proprio in questo periodo sto leggendo "Mai devi domandarmi" : che bello!
Di grande aiuto per meglio conoscere questa autrice è stato per me la ricca biografia della Petrignani ("La corsara ...).
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